Potrà sembrare un paradosso ma la crisi, dalla quale stiamo
lentamente uscendo, ha avuto lo stesso effetto dell’ingresso
della safety car in Formula Uno: il congelamento di tutte le
posizioni. Nel caso dell’Italia ciò si è tradotto nella
possibilità di ridurre gli effetti di una crescita che per oltre
un decennio è stata inferiore alla media europea, fornendoci nuove
chance di “gara”. Il Composite Leading Indicator, utilizzato
come anticipatore dei cicli economici, assegna al nostro Paese il
valore più alto tra quelli europei (106,5 contro una media di
101,4). Il dato appare incoraggiante, soprattutto se saranno
confermate le stime sul Pil 2010, con una crescita superiore
all’1%. Senza escludere qualche momento di ulteriore tensione,
credo che il 2010 sarà migliore dell’anno appena concluso. Tutto
bene quindi? Certamente no. La convalescenza del Paese è destinata
a durare ancora qualche anno e potrebbe peggiorare se i Governi,
illudendosi di aver definitivamente lasciato il peggio alle spalle,
dovessero accelerare i tempi della exit strategy, eliminando
all’improvviso gli aiuti concessi all’economia e di fatto
bloccando i segnali di ripartenza che si stanno delineando.
Le imprese, soprattutto quelle dell’Ict, dovranno proseguire
nella strategia di riduzione dei costi, ottimizzazione dei processi
produttivi e aggiornamento dei prodotti, senza tralasciare un
aspetto fondamentale: il raggiungimento di quella “dimensione”
necessaria a garantire un proprio spazio di riconoscibilità e di
eccellenza nel mercato globale. Il ciclo di riassestamento e
ridisegno del comparto, con l’attenzione rinnovata delle società
di M&A per l’Ict nostrano, sembra avviato. È quindi il momento
di raccogliere le migliori doti che caratterizzano la nostra
imprenditoria, coraggio e fantasia, per procedere
nell’innovazione, alleandosi o fondendosi con quelli che fino a
poco tempo si consideravano competitor eccellenti. Un aiuto
fondamentale in tal senso potrà e dovrà provenire dalla politica,
chiamata a predisporre gli strumenti necessari al rafforzamento
finanziario delle Pmi, a partire dal riconoscimento del valore
patrimoniale degli asset immateriali.
L’esigenza di facilitare l’aggregazione delle aziende con
specifiche misure fiscali e sostenere la loro attività di R&D,
facendo magari convergere i finanziamenti già approvati per i
piani e-gov, e-italy, i fondi Ue e regionali, sembra ormai
improrogabile. Altrettanto pressante appare la necessità di una
maggiore qualificazione della domanda di automazione e servizi
della PA, con misure tali da favorire la creazione di filiere tra
aziende medio grandi e realtà più piccole.