Riferendosi al primo giro di tavolo del Consiglio Ue conclusosi ieri sera, il commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes stamane ha parlato di “una bella giornata dell’Europa”. Dietro l’apparente soddisfazione, più che altro imposta da ragioni di protocollo, si annida tuttavia un’inquietudine crescente. E’ pur vero che, malgrado il dossier “data protection” abbia monopolizzato le negoziazioni tra i leader europei, le Conclusioni del vertice hanno mantenuto l’invito da parte degli stati membri ad adottare “in maniera tempestiva” il regolamento sul mercato unico delle tlc, sebbene la Francia avesse tentato di farlo silurare. “E tanta urgenza è necessaria – ha scritto la Kroes sul suo blog – tenuto conto che le elezioni europee si avvicinano e il mondo digitale si muove rapidamente”.
Tuttavia, il sentimento dominante a Bruxelles è che i capi di stato, vuoi perché distratti da altre preoccupazioni, vuoi perché non compatti sui dettagli, abbiano deciso di traccheggiare sul pacchetto. La conferma se non altro è giunta in sella alle dichiarazioni rese Herman Van Rompuy a margine della prima giornata del summit.
Il presidente del Consiglio Ue ha avuto buon gioco a precisare che la prima promessa concordata dagli stati membri è di realizzare “un continente realmente connesso, abbattendo i confini digitali, soprattutto dove sono ancora molto visibili come nel caso del roaming o dello shopping online”. Ma “si tratta di un esempio”, perché “non abbiamo ancora preso una decisione sul tema”. Morale della favola: il semaforo verde al piano Kroes, che tra l’altro per gli stati membri deve “rispettare le competenze nazionali” soprattutto in “materia di coordinamento dello spettro”, sarebbe piantato sulla sabbia. E la verità, segnalano fonti diplomatiche, è che alla fine nessuno se l’è sentita di negare una timida sponda alla Kroes, tanto è forte lo scetticismo sulle reali chance che il pacchetto riesca ad essere approvato prima della fine di legislatura. Tant’è vero che il Consiglio non ha indicato alcuna scadenza precisa per l’adozione, e si è ben guardato dal citare il roaming, come molti analisti attendevano. In pratica, riassume un diplomatico, “si è deciso di non decidere”.
Il guaio è che anche sul nodo data protection, laddove si attendeva un forte segnale sull’onda delle ultime rivelazioni sul caso PRISM, le trattative si sono perigliosamente incagliate. Il richiamo ad una rapida adozione del regolamento sulla protezione dei dati, contenuto nella prima bozza di accordo, è stato depennato, pare dietro forte insistenza del Regno Unito e della Germania. Il primo teme che le nuove e stringenti norme ospitate dalla prima versione del regolamento, approvata proprio in settimana dalla commissione giustizia dell’Europarlamento, siano per così dire troppo punitive nei confronti dell’industria. Quanto alla Germania, le sue perplessità concernono la possibilità di conciliare alcune misure del piano con la legislazione nazionale sulla privacy. Così, incapaci di accordarsi, gli stati membri si sono accontentati di dire che l’adozione delle nuove norme sulla data protection, così come la proposta di direttiva sulla Cybersecurity, è essenziale solo per il 2015. Il che significa che si riservano il diritto di discuterne più avanti per smussare le divergenze emerse ancora ieri sera.
Certo, s’intravvedono segnali positivi sulla questione della tassazione delle web companies, per la quale è richiesto un supplemento di coordinamento tra gli stati membri, con la Commissione che verrà incaricata di esplorare misure ad hoc. Il Consiglio chiede inoltre al Parlamento europeo di sveltire la discussione di un’ampia gamma di proposte sul digitale in materia di pagamenti online, e-procurement e identità elettronica. Perché una spinta all’e-government, nelle parole di Van Rompuy, “potrebbe tagliare i costi dell’amministrazione pubblica sino al 20%”.
Resta anche fermo l’invito a creare più incentivi regolamentari agli investimenti nella banda larga, a cominciare dal 4G, puntando “sulla rapida adozione di misure legislative che riducano il costo di roll-out delle nuove reti”. E degna di nota è l’enfasi posta sull’impatto del digitale sulle prospettive occupazioni del continente e di qui l’importanza significativa della nuova programmazione dei fondi strutturali (2014-2020) per chiudere il forte gap tra offerta e domanda nell’ICT (entro il 2015 potrebbero esserci oltre 900mila posti di lavoro vacanti nel settore).
Ma l’impressione, molto vivida tra gli insider di Bruxelles, è che sui grandi e più attesi dossier (data protection e mercato unico delle tlc) gli stati membri abbiano semplicemente lasciato la porta aperta ad ulteriori discussioni, pur mostrando una unità ben poco concreta. Le stesse Conclusioni “ammettono” che il Consiglio “tornerà a discutere nel corso del 2014” sulla questione degli “investimenti e del Mercato Unico Digitale”.