Dal Decreto Romani alle ipotesi di svuotare l’Agcom delle
competenze sulle telecomunicazioni per assegnarle all’Antitrust:
l’Autorità delle Comunicazioni appare sotto tiro. Stefano
Mannoni, commissario Agcom e professore di Storia delle
costituzioni moderne presso la Facoltà di Giurisprudenza di
Firenze, ribatte alle critiche in un’intervista che apparirà sul
prossimo numero del Corriere delle Comunicazioni.
“C’è confusione – afferma – L’Antitrust è la gendarmeria
del mercato e ha la missione di reprimere abusi che ne minaccino il
corretto funzionamento. Il regolatore ha il compito di disciplinare
l’accesso ai colli di bottiglia i quali, in buona parte, sono
endemici”. Compiti diversi e non sovrapponibili, dunque. “in
Europa la pensano tutti così: il gendarme non può trasformarsi in
regolatore”.
Quest’ultimo, infatti, “mira all’organicità e
all’equilibrio, valori che non possono essere tutelati da
interventi episodici come quelli dettati da procedimenti
repressivi ex post. Per tacere poi dei tempi che nei casi delle
istruttorie antitrust possono essere largamente incompatibili con
l’esigenza di risposte immediate”.
Anche per le Ngn “sarà necessaria la regolamentazione ex ante.
Immaginare che l’ingresso nell’era della fibra significhi
minori problemi concorrenziali significa coltivare una pia
illusione”.
Netta anche la posizione sullo scorporo della rete di Telecom
Italia: “Farne una sorte di consorzio delle telecomunicazioni?
È chiaro che non può funzionare così, né ex ante né ex
post”.
Quanto alle accuse di slealtà che il viceministro Romani ha
indirizzato al presidente di Agcom Corrado Calabrò “ Osservo
solo che la relazione del Presidente al Parlamento è stata
integralmente condivisa e supportata dal Consiglio
dell’Autorità”.