La Fcc ha rinvigorito il dibattito negli Usa pubblicando il 22
ottobre la propria proposta di regolamentazione su “preserve an
open Internet”. La consultazione si chiuderà il 5 marzo 2010: un
periodo irritualmente lungo a conferma dell’interesse per un
confronto con tutte le parti coinvolte su un tema complesso e
critico per l’innovazione, gli investimenti e l’interesse dei
cittadini-consumatori. Su due aspetti principali si incentra il
dibattito: modalità e limiti della “net neutrality”;
introduzione o meno di addizionali e specifiche regole.
Sul primo aspetto, che si declina sostanzialmente su tre elementi
principali – accesso a contenuti legali, servizi ed applicazioni di
terzi (ad es. Voip); misure di network management; differenziazioni
di qualità del servizio tra applicazione del fornitore di servizi
internet e analoghe applicazioni di terzi (es: Iptv) – occorre un
approccio pragmatico. Internet si è sviluppata su una complessa
catena del valore: reti fisiche di accesso, motori di ricerca,
portali, editori, musica, video, sviluppatori.
Ciascun elemento concorre ad arricchire la piattaforma di
contenuti, a prezzi decrescenti. Internet non ha però ancora
“digitalizzato” il costo di fare queste cose ed è necessario
che il modello di una “open Internet” resti economicamente
sostenibile nel lungo periodo, distribuendo il valore economico
lungo tutta la catena senza privilegiare uno specifico anello (es:
motori di ricerca o content providers), soprattutto oggi che
l’accesso attraverso lo sviluppo e l’upgrade delle reti
wireless sta diventando un ulteriore volano di crescita per
l’intera catena del valore.
Non si può quindi pragmaticamente accantonare la sostenibilità
economica delle reti di accesso in virtù di una visione, forse un
po’ romantica, di una “free and open internet” che imponga ad
alcuni attori della catena di offrire servizi in modo non
adeguatamente remunerativo; il network management appare necessario
per assicurare, non solo la corretta gestione di problemi di
congestione e qualità del servizio a vantaggio degli utenti in
particolare nelle rete mobili, ma soprattutto il finanziamento
delle reti di accesso.
Entriamo nel caso più dibattuto: il Voip abilita i clienti a
bypassare i servizi voce tradizionali i quali però consentono agli
operatori di finanziare lo sviluppo e l’innovazione delle reti e
garantiscono la disponibilità di servizi broadband a prezzi
decrescenti per i consumatori. I servizi Voip “sottraggono”
risorse alle reti di accesso, rispetto a molti altri servizi basati
su protocollo Internet che invece ne creano. Il punto di equilibrio
va ricercato non nella liceità di bloccare tali servizi (per
continuare a sostenere un modello tradizionale di sviluppo) ma
nella libertà per gli operatori di definire un’offerta
commerciale, articolata con differenti soluzioni tariffarie,
comprensive e non di servizi Voip. I clienti saranno così liberi
di scegliere cosa acquistare e utilizzare con piena trasparenza
sulle condizioni associate. Si tratta di privilegiare un approccio
“cliente-centrico” lasciando il mercato libero di selezionare i
modelli di business attraverso formule di pricing adeguate alle
diverse esigenze dei clienti e remunerative per tutti gli attori
nella catena del valore.
Quanto al secondo punto del dibattito, se introdurre o meno nuove
regole per tutelare la net neutrality, la rapidità con la quale
stanno evolvendo i modelli di Internet – Vodafone da un mondo di
contenuti chiuso “Vodafone live” è già migrata sul modello
aperto “Vodafone 360” – suggerisce molta cautela
nell’introduzione di regole che possano prematuramente alterare
lo sviluppo di questi modelli. Ad esempio, l’introduzione di
misure minime di qualità dei servizi può condizionare ex ante la
possibilità di offrire determinati servizi o applicazioni.
Strumenti già esistenti come l’applicazione del diritto della
concorrenza (abuso di posizione dominante) e dei rimedi conseguenti
all’individuazione del Significant Market Power possono
soccorrere qualora si presentino casi evidenti di “fallimenti
di mercato”. È la tutela della trasparenza, ancora una volta, a
rappresentare la misura essenziale su cui far convergere le
condotte dei diversi attori in gioco.