Mazzone (Leoni): “Tariffe sms, pericoloso intervenire dall’alto”

L’analista dell’Istituto Bruno Leoni: “I prezzi della telefonia mobile sono calati negli scorsi anni. E comunque spetta all’Antitrust, e non alla politica o a Mr Prezzi, l’eventuale compito di regolare il mercato”

Pubblicato il 29 Set 2009

È pericoloso che la politica intervenga sui prezzi, magari
sull’onda del sentimento popolare e di comparazioni tariffarie
tra l’Italia e altri Paesi europei: è l’allarme lanciato
dall’Istituto Bruno Leoni, un think tank che prende il nome dal
giurista e filosofo torinese. “Come nel caso del decreto
Bersani, viene da pensare che l’obiettivo di un intervento sui
prezzi sia più fare un colpo sensazionale sull’opinione
pubblica, che migliorare il benessere dei consumatori”, dice
Luca Mazzone, collaboratore dell’Istituto e autore di uno
studio intitolato “Il prezzo del giusto prezzo”.
Tanto per cominciare, il suo studio sembra mettere in
discussione la validità degli stessi studi comparativi tra
tariffe europee… I quali però in Italia ora stanno offrendo il
destro a possibili interventi sui prezzi, da parte di
Agcom-Antitrust o Mister Prezzi
Diciamo che è molto
complesso fare comparazioni di questo tipo. Quelle che ho visto
finora sono semplicistiche, sui prezzi di singoli servizi…ma
mettono al confronto mercati molti diversi, per esempio in Italia
dominano le prepagate, mentre in Francia gli abbonamenti. Ed è
pericoloso partire lancia in resta a regolare un mercato sulla
base di valutazioni che potrebbero non rispecchiarlo bene.
Nel suo studio si legge come una lode al nostro mercato
della telefonia mobile. È quindi perfetto, non lo si può e non
lo si deve regolare?

Non è perfetto, perché è
naturalmente oligopolistico e perché vede la difficoltà dei
consumatori a capire quale sia la tariffa migliore – così
tendono a pagare di più di quanto farebbero se riuscissero a
informarsi meglio. Però nel complesso non vedo segni di
attività collusiva tra gli operatori (anche se in passato
l’Antitrust l’ha rilevata, tra gli operatori maggiori, per le
tariffe di terminazione mobili, ndr.). Una prova è nel fatto che
i prezzi della telefonia mobile sono calati negli scorsi anni,
come rileva Agcom su fonti Istat, riportate nel mio studio.
Un’altra prova è che negli anni il mercato del mobile è
diventato sempre meno concentrato, da noi, in modo simile a
quanto avvenuto nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
Significa che non bisogna intervenire con
regolamentazioni dall’alto?

Nel mercato mobile non ce n’è bisogno. O almeno: non vedo
indizi che dicono ce ne sia. E comunque starebbe all’Antitrust
intervenire, per rimediare a problemi di collusioni tra operatori
per tenere alti i prezzi; non è certo compito della politica o
di Mr Prezzi. Vedo l’esempio del fisso: un mercato molto più
regolato, ma meno concorrenziale del mobile…Dove l’Italia è
in ritardo con il resto d’Europa e che è piuttosto
concentrato.
Quindi nel fisso bisognerebbe intervenire a tutela della
concorrenza?

Sì, ma dipende da come lo si fa. Sono contrario a interventi
intrusivi, cioè sui prezzi. Finora questo è stato fatto, in
Italia e altri Paesi europei, a differenza di quanto avvenuto
negli Usa. Le Authority regolano le tariffe all’ingrosso e, in
parte, anche se sempre meno, quelle al dettaglio dell’ex
monopolista. Equivale a regolare il mercato cercando di far
guadagnare di meno l’operatore dominante…
L’Agcom di recente si sta allontanando dalla
regolamentazione dei prezzi a dettaglio, man mano che si fa
strada Open Access. E infatti ha aperto una consultazione
pubblica per de-regolamentare il prezzo del canone Telecom. Ma
quindi che interventi consiglia sul fisso?

Interventi che rimuovano la causa strutturale del problema.
Procedere a uno scorporo della rete Telecom.
Tornando al mercato del mobile: se si intervenisse sui
prezzi, che succederebbe?

Di solito succedono due cose, come abbiamo con il taglio dei
costi di ricarica voluto dal decreto Bersani. In quel caso, i
più danneggiati sono stati Wind e 3, che hanno reagito
aumentando i prezzi. Prima conseguenza, quindi: poiché il nostro
è un mercato asimmetrico con operatori maggiori e minori, un
tetto di prezzi danneggerebbe soprattutto questi ultimi,
rischiando di mandarli fuori dal mercato. Seconda: l’effetto
“waterbed”. Cioè gli operatori si rifanno della perdita dei
ricavi, imposta dall’alto, spostandoli su altri servizi.
Insomma, il ritorno a una politica che comanda i prezzi
danneggerebbe la concorrenza e nel lungo periodo, ma credo anche
nel breve, gli stessi consumatori.

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