L'INTERVISTA

Mc Dowell (Fcc): “L’Europa non affossi le telco”

Il commissario della Federal Communications Commission entra nel dibatto sulla revisione delle regole delle telecomunicazioni : “Bisogna puntare sulla deregulation: meno regole per avere più flessibilità. Importante il ruolo dell’Italia”

Pubblicato il 19 Lug 2012

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«Regolamentare Internet vuol dire affossarne il potenziale di sviluppo. Se una soluzione va cercata non si può trovare nella regolamentazione. L’Europa commetterebbe un errore. La strada da seguire semmai è quella della deregulation per consentire alle telco europee di operare con maggiore libertà e quindi di competere ad armi pari con gli Ott». Il commissario della Fcc (Federal Communications Commission) Robert M. Mc Dowell, dice no ad una revisione “protezionistica” del Trattato Itr (International Telecommunications Regulations).
La modifica del “pacchetto”, in vigore dal 1988, sarà discussa in occasione della Conferenza mondiale sulle Tlc in programma a Dubai il prossimo dicembre che vedrà in campo i 193 membri dell’Itu. “I governi devono resistere alla tentazione di regolare laddove non necessario altrimenti si rischia di rallentare la crescita di Internet e di minarne la libertà. La connettività, in particolare attraverso i dispositivi mobili, sta esplodendo e sta migliorando la qualità della vita come nessun’altra innovazione è stata capace di fare nella storia”.
Commissario, gli Ott hanno totale libertà d’azione diversamente dalle telco. Non crede che sia arrivata l’ora di creare un contesto in cui tutti possano operare ad armi pari?
Certamente, lo credo. Ma non è inasprendo la regolamentazione che si risolve il problema. Anzi, ritengo che l’Europa si sia autopenalizzata proprio perché ha regolamentato troppo il comparto delle Tlc. L’esplosione di Internet è frutto dell’abbattimento delle barriere governative: dalla metà degli anni ’90 ossia da quando si è deciso che la Rete non era più una questione di Stato si è assistito al progressivo e rapidissimo diffondersi della connettività. E si è passati dai 16 milioni di utenti del ’95 agli oltre 2,3 miliardi attuali. Lo scenario è profondamente mutato ed è giusto rivedere gli accordi del 1988. Ma bisogna fare molta attenzione perché ‘emendamenti’ troppo radicali rischiano di minare il futuro sviluppo della Rete. Ad esempio la proposta del primo ministro russo Vladimir Putin di stabilire un controllo internazionale di internet sotto la supervisione dell’Itu è parecchio insidiosa: si punta a stabilire un controllo non solo e non tanto sulle attività di Tlc quanto su quelle relative ai dati. Una proposta simile a quella sottoposta dagli Stati Arabi. Di fatto si vorrebbe affidare all’Itu la giurisdizione degli indirizzi Ip. E controllare gli indirizzi Ip significa controllare Internet. Altre proposte vanno in direzione di una regolamentazione intergovernativa e a parte qualche eccezione l’impatto che ne deriverebbe sarebbe ‘ristrutturare’ in maniera peggiorativa l’ecosistema Internet.
Cosa ne pensa della proposta Etno?
Capovolgerebbe l’economia di Internet sostituendo le logiche di mercato con quelle della regolamentazione. Ciò creerebbe un’incertezza pericolosa e farebbe crescere i costi per tutti i player di mercato, i consumatori finali in particolare, e minerebbe la rapida proliferazione della connettività globale. E un tremendo impatto ci sarebbe per i Paesi in via di sviluppo. Inoltre non riesco a immaginare perché gli operatori dovrebbero perdere la loro autonomia per demandare la negoziazione degli accordi commerciali a un regolatore. A meno che il principio non sia quello del “regola il mio rivale”: un principio ‘malato’ tipico di un’industria che è stata vittima della regolazione troppo a lungo. La storia ci insegna che la profittabilità e gli investimenti crescono nel momento in cui le regole le fa il mercato.
Quindi quale può essere la soluzione?
Le telco devono spingere i governi in direzione della deregulation per operare con maggiore flessibilità. Quindi bisogna andare in direzione opposta rispetto a quella che si sta immaginando. È arrivato il momento di invertire il trend, ma per farlo serve un enorme coraggio politico. L’Italia in tal senso può giocare un ruolo importante per contribuire alla definizione di una posizione europea comune in vista del meeting di Dubai.

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