“A chi usa i nostri contenuti senza avere un contratto o un accordo con noi chiederemo la retransmission fee, come accade nel resto del mondo. I contenuti che noi mandiamo in onda free possono essere riprodotti da altri se ci corrispondono il giusto, e se quindi ne scaturisce una convenienza anche per noi”.
Lo ha detto Gina Nieri, consigliere di amministrazione di Mediaset, intervenendo questa mattina alla presentazione del XII rapporto di ITMediaCunsulting sullo stato del mercato televisivo in Europa. Il riferimento è a una polemica in atto con Sky, rispetto al fatto che i canali Mediaset siano trasmessi dalla piattaforma satellitare a pagamento, insieme a quelli delle altre tv “free” generaliste come Rai, senza che la piattaforma corrisponda nessun corrispettivo. Un caso che Mediaset aveva ultimamente sollevato in occasione dell’esordio della trasmissione su Canale5 della partita d’esordio della Roma in Champion’s League.
Entrando nello specifico sul tema dell’incontro nella sede della Federazione nazionale della stampa, Nieri ha poi sottolineato la disparità di trattamento tra gli operatori televisivi “tradizionali” e quelli online: “Occorre uno stato di emergenza a livello europeo che dica che noi con queste regole qui il futuro non lo possiamo affrontare – ha sottolineato -. Sono molto critica sull’attività della Commissione Ue passata, perché c’è stata una sottovalutazione di ciò che stava accadendo, che ha fatto dell’ Europa un soggetto passivo degli operatori internet. Non dico che vogliamo ‘mettere le mutande’ a internet, ma non possiamo aspettare altri tre-quattro anni perché l’Europa rimetta mano alla direttiva. Così non si può andare avanti”.
Sui nuovi scenari del mercato televisivo è intervenuto anche Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai: “La centralità oggi – ha detto – non è più delle reti, come siamo organizzati noi, in verticale, ma degli argomenti, in orizzontale, come il web. Questo è il grande sforzo che l’azienda deve fare”. Ma Gubitosi non appare preoccupato da un’eventuale minaccia di Netflix: “Quei numeri la rete telefonica non sarebbe neanche in grado di gestirli – ha sottolineato – Bisognerebbe intervenire e allora si deve prima decidere cosa far pagare allo Stato e cosa invece agli Over the top”.
“Sky è partito come un operatore satellitare pay, e oggi partendo da myskyhd è una media company – ha sottolineato Stefano Ciullo, direttore degli Affari istituzionali di Sky Italia. Non è vero che l’azienda ha intenzione di sbarcare massicciamente sul digitale terrestre, anche se è vero che oltre a Cielo c’è l’ipotesi che le news vadano in chiaro. Ma nulla di più. Il passo successivo è nell’accordo con Telecom per l’Iptv: il momento del mercato non è facile, ma questo ci consentirà di andare subito a cercare gli utenti che non hanno o non possono avere la parabola”.
Alessandro Araimo, Coo di Discovery Sud Europa – Il digitale amplifica la distribuzione su più piattaforme ma consente anche di arricchire i programmi con contenuti sempre più pensati per catture l’attenzione del pubblico su tutti gli schermi, in un’esperienza sempre più coinvolgente”.
“Nella nostra programmazione quasi tutti i formati nascono già per essere multipiattaforma – ha spiegato Andrea Castellari – Ad di Viacom International Media Networks Italia – E’ complicato riuscire a spostare i nostri ricavi da una piattaforma all’altra, non esiste ancora una facilità nel costruire un modello remunerativo al di là della raccolta pubblicitaria o degli operatori pay. Finché non c’è un meccanismo per rilevare gli ascolti, una metodologia riconosciuta per un’analisi crosspiattforma, tutto sarà più difficile. Tutte le piattaforme sono strumenti di marketing, per conoscere i gusti del nostro pubblico, oltre che una palestra per talenti, ma non sono ancora un business prioritario”.
Quanto a Youtube, Federica Tremolada ha spiegato il punto di vista di Google: “Investiamo in nuove tecnologie per favorire i produttori di contenuti per amplificare i loro contenuti – ha detto – Lo scenario è quello di una elevata penetrazione di device mobili e della crescita di video on demand. Il quadro è quello di fan appassionati di contenuti che vogliono interagire con i contenuti, guardandoli dai device che preferiscono e nel momento che scelgono”.