Mediaset e Vivendi annunciano ufficialmente l’accordo sulla nascita del nuovo polo televisivo italo-francese. Dopo settimane tinte di giallo e firme rimandate, il Cda del Gruppo di Cologno Monzese, iniziato attorno alle 17, ha infatti dato il via libera al deal predisposto nei giorni scorsi dagli studi legali Chiomenti e Carnelutti.
Cosa prevede l’accordo – Confermati tutti i dettagli finora emersi: scambio azionario al 3,5%, passaggio di Mediaset Premium sotto il vessillo francese (Vivendi liquiderà Telefonica, che ne detiene l’11%), mentre per ora non ci sarà il contestuale ingresso di nuovi rappresentanti nei rispettivi Cda. Previsti nell’intesa anche accordi che obbligano le due società a vincolare per 3 anni la partecipazione. Le due società non hanno comunicato la presenza o meno di clausole di uscita né opzioni per comprare a termine.
Tra le previsioni che dovrebbero essere finalizzate entro il 30 settembre, rientra anche l’impossibilità per Vivendi di comprare azioni Mediaset nel primo anno successivo al deal, mentre nel secondo e nel terzo anno potrà arrivare a detenere al più il 5% del capitale della società italiana. Fininvest sarà invece libera di acquistare, in modo diretto o indiretto, azioni del Gruppo di Cologno Monzese nei limiti previsti dalle norme in materia di Opa obbligatoria.
Il cuore dell’accordo: pay-tv, contenuti e on demand – La chiusura positiva della trattativa porterà i due player del mercato media a lavorare su alcuni fronti specifici, come spiega il comunicato diffuso da Mediaset. A partire dalla pay-tv, segmento di mercato delicato sia per Canal+ (in calo di abbonati), sia per Premium (che ha chiuso il 2015 con perdite a 80 milioni). La Tv a pagamenti di Mediaset entrerà “in un grande network internazionale di pay tv” e confluirà nel Gruppo francese “arricchendo con la presenza strategica nel vasto mercato italiano un network globale di pay tv che ha già basi in Francia, Polonia, Africa, America Centrale, Estremo Oriente“.
Il secondo pilastro dell’accordo riguarda la creazione di una “nuova major europea per la creazione di contenuti“, un progetto che “si occuperà di produzioni su scala internazionale“, con i contenuti saranno “ideati e realizzati da una nuova struttura secondo standard e linguaggi per il mercato globale” e che saranno “valorizzati dalla distribuzione sulle reti tv dei due Gruppi in Italia, Francia e Spagna“. Infine, la creazione di un player unico pan-europeo sull’on demand: “Le properties online dei due gruppi in Italia, Francia, Spagna e Germania (tra cui rientrano anche Infinity di Mediaset e Watchever di Vivendi, ndr) sono destinate a confluire in un unico progetto in grado di garantire forte sviluppo tecnologico, customer experience sempre più evoluta e un’offerta di film e serie tv sempre più ampia e pregiata“. Gli ultimi due pilastri, inutile dirlo, costituiscono l’essenza del vero piano anti-Netflix e, non a caso, come si legge nella nota il progetto congiunto “prevede ulteriori sviluppi in Paesi in cui oggi le due società non sono presenti“.
Berlusconi junior: “Verso un’apertura europea” – Il primo commento a caldo sulla chiusura del deal lato Mediaset è arrivata da Pier Silvio Berlusconi, che ha smentito l’ipotesi di un suo imminente ingresso nel board di Vivendi: “Ad oggi il mio ingresso nel cda di Vivendi non è previsto, ma non è escluso che avvenga in futuro“. Il manager ha anche aggiunto: “Se mi chiedete se questo sia il primo passo per il disimpegno della famiglia Berlusconi nel settore dei media la risposta è assolutamente no e lo dico con convinzione assoluta“, ha spiegato sostenendo che la partnership con la media company francese rappresenti “un primo passo verso un’apertura europea“. Anche il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine ha commenta la chiusura dell’accordo: “Questo investimento dimostra una volta di più il nostro impegno e i nostri stretti legami con l’Italia: la conferma della nostra strategia, sempre dichiarata, di creare un gruppo paneuropeo leader nel settore media e nella produzione di contenuti”.
La reazione della Cgil – Critica la Slc Cgil, che in una nota esprime preoccupazione avanzando numerosi dubbi: “Quali saranno i fabbisgoni occupazionali e professionali? Come potrà essere garantita la continuità occupazionale e dei trattamenti economici e normativi dei lavoratori interessati?“. Il sindacato dei lavoratori delle comunicazioni ritiene la cessione di Mediaset Premium un atto di “consueta supremazia degli aspetti finanziari su quelli industriali“, da cui non si evince “nulla della prospettiva industriale entro la quale si inscrive l’operazione né quale possa essere l’impatto” dal punto di vista occupazionale. “Attendiamo di ricevere da Mediaset – conclude il comunicato – informazioni di senso compiuto sulle dimensioni e sul merito del progetto complessivo e un confronto sul merito del progetto complessivo e un confronto su ogni eventuale impatto sul lavoro, secondo gli impegni assunti con l’accordo dell’11 novembre 2014 relativo al trasferimento del ramo d’azienda di Mediaset Premium“.
Nessun coinvolgimento diretto di Telecom – Come previsto, nell’operazione appena conclusa non rientra Telecom Italia, almeno non direttamente visto che il ceo di Vivendi de Puyfontaine ha spiegato al Sole24Ore che la telco potrà essere un partner importante per il nuovo tandem italo-francese: “Mediaset fa parte degli interlocutori con cui abbiamo buone relazioni – ha spiegato commentando il deal il chiusura -. Il nostro obiettivo è costruire un media group latino con partner chiave nelle Tlc. Crediamo che questa sia la via giusta per il successo”.
La firma sull’accordo tra Mediaset e Vivendi potrebbe indurre Bollorè, che tramite Vivendi è il socio forte di Telecom Italia, ad accelerare la sua Campagna d’Italia. In pochi mesi il finanziere bretone è arrivato a mettere più di un piede anche nel primo Gruppo televisivo privato italiano, portandosi a casa il secondo player del mercato pay-tv. La campagna d’Italia del socio forte di Telecom Italia (la sua Vivendi detiene il 24,9% della telco italiana) prosegue senza indugi. Ma soprattutto a ritmi serrati.