Il governo Letta potrebbe presto trovarsi a interpretare un ruolo dirimente nel riscattare le sorti sempre più incerte del pacchetto europeo sul mercato unico delle tlc. La presidenza greca dell’Ue, a regime dal 1° gennaio, ha stabilito di esiliare le trattative sulla proposta legislativa firmata Neelie Kroes in fondo alla lista dei propri obiettivi programmatici. Rimpallando nei fatti all’Italia, che le succederà alla testa del Consiglio europeo per il semestre successivo, il complicato onere di coordinare un eventuale, ma non scontato accordo tra i 28 stati membri. E forse negoziare un compromesso con il nuovo Parlamento europeo. Il tutto a dispetto degli appelli in favore di una spedita approvazione del dossier martellati in questi mesi dal commissario Ue per l’agenda digitale. Che, proprio ieri, è tornata a dirsi “sicura che i negoziati stiano procedendo agevolmente”, nel segno di “un forte spirito di compromesso”. E ha auspicato che il pacchetto entri in vigore entro fine del 2014, indirettamente chiamando in causa l’importanza strategica della presidenza italiana.
Per sua parte, pubblicata la scorsa settimana, l’agenda dei lavori del semestre greco circoscrive le proprie priorità sul digitale a due proposte immesse da più tempo nella pipeline legislativa e che, secondo gli analisti, avrebbero un contenuto meno controverso del ben più ingombrante testo sul mercato unico. La diplomazia di Atene punta, infatti, a chiudere a fine giugno il proprio mandato con il varo del regolamento sulla riduzione dei costi della banda larga e di quello sull’identità elettronica.
Quanto al pacchetto “connected continent” il programma ellenico prevede che nel corso del prossimo incontro di giugno tra i ministri europei per le telecomunicazioni venga discussa “una relazione sullo stato di avanzamento” dei negoziati. E si limita a lasciare aperta la possibilità che gli stati membri concordino in quella sede una “posizione generale” comune. Una terminologia che, come spiega un diplomatico, celerebbe l’intenzione di lasciare il cerino all’Italia, tenuto conto che il corposo regolamento della Kroes – e non è un mistero – continua per ora ad alimentare profonde divergenze tra gli stati. “Quando assumerà la presidenza il 1 luglio, il governo Letta è chiamato a mettere tutto il suo peso diplomatico sul raggiungimento di un accordo, inserendo il pacchetto in cima alle priorità del suo semestre”, ragiona un alto funzionario della Commissione. “Altrimenti, appare probabile che la proposta si areni in via definitiva, convincendo il successore della Kroes a ritirarla”.
La bozza di regolamento sul mercato unico delle tlc è stata licenziata in gran fanfara dalla Commissione Ue l’11 settembre scorso, a conclusione di una gestazione piuttosto travagliata, e annovera tra i suoi passaggi chiave un regime paneuropeo di autorizzazioni per gli operatori, l’inscrizione nel diritto comunitario del principio della net neutrality, un sistema di incentivi e obblighi per abolire i costi del roaming entro il 2016. Ma anche disposizioni finalizzate a irrobustire i diritti dei consumatori, armonizzare tempistiche e modalità di assegnazione dello spettro, e conferire a Bruxelles l’agognato potere di veto sui rimedi regolamentari deliberati dalle authority nazionali. Debuttato in novembre, il cammino di disamina legislativo al Parlamento europeo si sta tuttavia rivelando poco lusinghiero per la Kroes. Strasburgo sta in queste settimane discutendo la soppressione o la modifica di buona parte delle citate proposte.
Queste ultime, come ha scandito la deputata relatrice della proposta Pilar Del Catillo, “meriterebbero di essere soggette ad una consultazione pubblica più approfondita e strutturata”. Un giudizio che fa il paio con le critiche trasversali espresse sia da ampi settori dell’industria, che dalle associazioni dei consumatori, e perfino da alcuni commissari. Ma il Consiglio, che costituisce l’altro ramo legislativo europeo, per ora sembra traccheggiare sul dossier, come dimostra la scelta di Atene. Regno Unito e Francia, in particolare, non hanno mai nascosto una forte avversione nei confronti del pacchetto. Ma hanno acconsentito che il summit europeo dello scorso ottobre, il primo della storia consacrato ai temi del digitale, desse un avallo di principio alla proposta, riservandosi il diritto di discuterne i dettagli in un secondo momento. E proprio qui entra in gioco la presidenza italiana. Che potrebbe fare la differenza, spendendo il proprio capitale di rapporti e la propria influenza a Bruxelles per conciliare le differenti posizioni sul dossier. Il Belpaese milita tra gli stati più favorevoli al pacchetto. “Il mercato unico digitale rappresenta una novità importate e una scossa al mondo delle Tlc in Europa, una buona notizia per i consumatori e per il sistema”, aveva dichiarato Letta a margine del vertice di ottobre.