A leggere i dati riportati nel Report Unaids 2012, nel mondo 34 milioni di persone sono malati di Aids, anche se diminuiscono mortalità e contagi. Secondo le recenti indicazioni della Commissione nazionale per la lotta all’Aids (Cna) e della Consulta delle associazioni per la lotta all’Aids (Caa), gli obiettivi di comunicazione della campagna 2013 sono stati rappresentati dal diffondere la conoscenza dell’infezione; aumentare la percezione del rischio da parte del target di riferimento; sensibilizzare il target sull’importanza dell’adozione di un comportamento proattivo e responsabile (empowerment come responsabilizzazione dell’individuo); incentivare l’utilizzazione delle più efficaci misure di prevenzione.
In definitiva, la campagna ha inteso rafforzare nella popolazione la consapevolezza che l’Aids esiste ancora e che è possibile prevenirne la diffusione adottando idonee misure di prevenzione.
Tra queste misure di prevenzione, anche l’MHealth può essere di valido aiuto. In un articolo di David Talbot del 5 Febbraio 2015, pubblicato da Biomedicine News del MIT, viene riportato che, in alcune prove effettuate in Rwanda – e sappiamo che l’Africa è il continente più colpito da questa malattia – uno smartphone collegato con un particolare sensore di plastica permette rapidamente e accuratamente di rilevare la presenza di anticorpi Hiv e la sifilide in gocce di sangue prelevate da donne in gravidanza.
L’attacco di plastica, circa le dimensioni del telefono stesso, utilizza cartucce usa e getta che costano pochi centesimi. Un operatore sanitario carica un campione di sangue, che si mescola con le sostanze chimiche reagenti nella cartuccia, indicando il risultato del test in 15 minuti. Il risultato viene caricato automaticamente nella memoria del telefono. Il test replica il test a base di anticorpi noto come ELISA ma non richiede costose apparecchiature di laboratorio. Nello studio, che ha coinvolto 96 persone, l’accuratezza era quasi buona come è con ELISA.
Negli ultimi anni, i membri del gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Samuel Sia della Columbia University, ha miniaturizzato la tecnologia, ha ridotto i suoi requisiti di alimentazione, e l’ha integrata con i dispositivi mobili di uso quotidiano. La piccola quantità di corrente disponibile in un jack audio smartphone è tutto ciò che serve per alimentare il rilevamento e la gestione dei dati (una carica di un iPod Touch è in grado di alimentare 41 test).
Il gruppo di Sia ha anche creato un software che registra i risultati delle prove e permette di caricare questi risultati in un server, fondamentale per la raccolta dei dati e la conservazione. “Questo lavoro è una prova di come la tecnologia può migliorare la diagnosi e la cura, rendendola più veloce e più semplice e meno costosa, senza comprometterne la qualità”, afferma Sabin Nsanzimana, il responsabile divisione malattie della trasmissione sessuale al Ministero della Salute del Rwanda. Tuttavia, “può richiedere tempo, e approfondimento degli studi, per vederne una più sua più ampia adozione”.
Sia dice che sta ora pianificando una prova sul campo su larga scala e vede implicazioni più ampie per la diagnostica basata su smartphone. “Mentre abbiamo lavorato su HIV e la sifilide, questa tecnologia può essere utilizzata per una varietà di applicazioni diverse, ovviamente,” dice. “Si potranno vedere sistemi sanitari trasformati in modo molto significativo se i consumatori potranno ottenere misurazioni precise in modo decentralizzato.”
Perfettamente in linea con la definizione corrente di MHealth: “con il termine mobile health o “mhealth” ci si riferisce ad un nuovo modello di assistenza socio sanitaria realizzata attraverso l’utilizzo di dispositivi mobili e tecnologie multicanale, quali cellulare, smartphones, dispositivi di monitoraggio dei pazienti, personal digital assistant e altri dispositivi wireless.”