“Mi dica, come vede lei il comparto delle telecomunicazioni?”. Per un giornalista abituato a fare domande e ricevere risposte, l’approccio con Thomas Miao, da qualche mese amministratore delegato di Huawei Italia, può risultare spiazzante. Poi, però, ti accorgi che ti chiede sul serio, che è curioso di sapere cosa ne pensi, che vuole conoscere il tuo punto di vista e la tua opinione perché è pronto a tenerli in considerazione se li trova convincenti.
E capisci molto presto che è proprio questa l’abitudine usuale di Miao con i suoi interlocutori: approfittare di incontri e relazioni per conoscere meglio il Paese dove è giunto da poco, approfondirne la mentalità, capirne i problemi e scoprire il percorso più adatto per fare business nel posto dove si trova. “La tecnologia da sola non basta – spiega – Contano molto anche le persone, le relazioni. Del resto, la tecnologia deve servire a migliorare la vita delle persone, non le sembra?”.
“Sì, mi sembra”, non mi resta che rispondere. Poi ti spiega che il suo non è un metodo di lavoro che ha riservato all’Italia, Paese dalle caratteristiche ben marcate e dalle sfumature, lo sappiamo tutti. “Alle relazioni e agli scambi con le persone ho sempre tenuto in tutta la mia esperienza professionale – chiarisce – Quando stavo in Africa in Paesi come Repubblica Sud Africana, Zimbabwe, Seychelles, Maldive. E poi in Russia e Ucraina. Sa, noi dirigenti internazionali di Huawei ogni tre anni ci spostiamo di sede. Ed ora sono in Italia, a Milano. Dove ci troviamo benissimo: io, mia moglie e i miei due figli. No, non abbiamo avuto problemi ad ambientarci, a partire dal cibo!”, dice sorridendo davanti ad un piatto di pasta ai calamaretti che mostra di apprezzare e non solo in omaggio formale al Paese che lo ospita.
Ormai cittadino del mondo, con una predisposizione mentale aperta e pronta ad assorbire le sensazioni dell’ambiente, lontano anni luce dagli stereotipi con cui spesso noi ci troviamo a giudicare – sbagliando – i cinesi.
Attenzione, però. Questo atteggiamento è sì una caratteristica della personalità e del carattere del nuovo numero uno di Huawei in Italia, ma in realtà esso ben si sposa con la sua visione del business dell’azienda che dirige. “Se vuole capire Huawei – ci spiega – deve immaginarla soprattutto come una digital company che vuole accompagnare le aziende e i consumatori verso la rivoluzione digitale che ci aspetta. E questo significa capire e risolvere i problemi dei nostri clienti e della società, offrire soluzioni e servizi. Anche in logica di ecosistema. E poi deve coglierci come un’azienda globale. Certo, la Cina ci ha visto nascere ed è il nostro maggior mercato e la nostra base più forte. Ma le nostre radici sono in tutto il mondo, Italia inclusa”.
Radici che si rafforzano anno dopo anno. Nel 2019 Huawei festeggerà i tre lustri di presenza nel nostro Paese. All’inizio pressoché sconosciuta e nemmeno considerata come una minaccia troppo grave dai suoi concorrenti vendor di tecnologie tlc. Ne temevano sì i prezzi competitivi, ma la vedevano relegata soprattutto in poche offerte di nicchia a bassa tecnologia: prezzi bassi, ma anche qualità bassa. “Si sono evidentemente sbagliati”, commenta Miao. I competitor di Huawei si stanno ancora leccando le ferite della sua inarrestabile e costante ascesa.
Oggi (e non solo in Italia) Huawei è uno dei maggiori protagonisti del mercato, come fornitore di tecnologie di tlc alle telco e alle industry verticali in cui vuole espandersi in futuro e come produttore di terminali mobili. Grazie ai prezzi? “No. Grazie a prezzi competitivi, ma soprattutto grazie alla qualità tecnologica dei nostri prodotti. Non è per caso che sin dall’inizio della nostra storia abbiamo sempre puntato sulla qualità, investendo con convinzione cifre robuste in ricerca e sviluppo, crescendo progressivamente ma sistematicamente, passo dopo passo”.
Conquistando posizioni una dietro l’altra. “Ora siamo giunti ai vertici mondiali. E vogliamo crescere ancora”. La ricetta del masterchef delle tlc è semplice, a sentire Miao: “Quattro ingredienti: qualità, risposte rapide alle esigenze dei clienti, prezzi sostenibili e competitivi, customer satisfaction”.
Il gran pubblico degli italiani conosce Huawei per gli smartphone, i tablet, i lap top. “I suoi compatrioti ci apprezzano molto, almeno a guardare i numeri: in aprile siamo stati il primo attore del mercato italiano, superando anche Samsung. È la prima volta che succede, ma sono sicuro che capiterà ancora”. Qui, l’ottimismo è di casa.
La rivoluzione digitale sta trasformando tutto. “E noi vogliamo essere leader in tre grandi trasformazioni: la telcom digitalisation, la digitalizzazione delle industry verticali (energia, finanza, trasporti), la vita delle persone grazie alle nostre proposte per le smart cities, l’e-health, la sicurezza”.
I grandi network di telecomunicazioni stanno cambiando radicalmente. Sempre più software defined e virtualizzati. Dunque molto più flessibili, decentrati, cloud based, performanti, efficienti, con l’intelligenza (e i data center) che si sposta dal centro all’edge della rete. “Vogliamo aiutare gli operatori ad essere vincenti in questa trasformazione copernicana”, spiega Miao.
Ma non è soltanto un fatto tecnico di come il bit gira nelle reti delle telco. “I network digitali consentiranno agli operatori di offrire ai propri clienti connessioni ma anche nuovi servizi innovativi. Saranno una grande opportunità di nuovi business per chi saprà coglierli. L’arpu della connessione fatica sempre più a reggere da solo gli investimenti, inevitabili se si vuole stare al passo dell’evoluzione tecnologica e della trasformazione digitale”.
Come creare un’alternativa al vecchio business del carrier? “La digitalizzazione delle reti è una grande opportunità perché significa anche conoscenza, big data veicolati dallo Iot, intelligenza artificiale: gli ingredienti perfetti da mettere nello shaker dell’innovazione per creare e lanciare nuovi servizi e nuove opportunità di ricavo. Certo, non da soli ma in alleanza con tanti nuovi attori, partner che magari prima erano del tutto estranei alla filiera delle telecomunicazioni”.
Da questo punto di vista, il 5G potrebbe rappresentare il volano vincente. Anche perché consentirà di creare un ecosistema in cui alle telco si affiancheranno le industry verticali di moltissimi settori, in particolare energia, trasporti, finanza e media nelle priorità di Huawei. Il memorandum of understanding che abbiamo firmato di recente con Acea va proprio in questa direzione”. Verso cui in molti stanno muovendo. “Vedo cinque importanti driver che, dice Miao, renderanno inevitabili, digitalizzazione, convergenze e sinergie fra settori: tutto avrà sensori, tutto sarà connesso, tutto sarà intelligente, tutto dovrà essere sicuro, tutte le tecnologie saranno green e rinnovabili”.
Al 5G il ceo di Huawei Italia crede molto, tanto da spingerci con decisione. La sua azienda è fortemente impegnata nel trial nazionale sul 5G, ma vuole andare oltre. “Puntiamo ad aprire, possibilmente entro quest’anno, un open lab di sperimentazioni a Milano. E nel 2019 ne apriremo un altro a Roma. Vogliamo trovarci pronti per quando il 5G farà il suo debutto nel mercato, penso già l’anno prossimo”.
Non si pensi che Huawei si limiti alle antenne e ai sistemi di connessione su cui è fortemente impegnata. In realtà, come del resto dimostra il MoU con Acea, anche i servizi sono un settore di sviluppo. “Le applicazioni e i servizi del 5G potranno essere una importante occasione anche per le pmi e per chi in Italia ha idee innovative – spiega Miao – Vogliamo aiutare questa crescita, aiutare startupper, aziende innovatori italiani a costruire l’ecosistema della quinta generazione wireless. Su questo obbiettivo abbiamo schierato anche il nostro laboratorio di Segrate: alle tradizionali competenze sul microwawe ora sta lavorando anche sul futuro 5G”.
Non è detto, però, che in Italia ci siano le competenze adatte per questa trasformazione di sistema che riguarda tutti, non solo le tlc. “È vero, c’è uno shortage di cui a volte soffriamo anche noi. Ad esempio, per certe posizioni professionali siamo costretti ad importare personale dall’estero. Ma voi italiani siete bravissimi a imparare: basta pochissimo e non temete rivali: la vostra formazione di base è fortissima. In ogni caso, riteniamo che la social responsability di Huawei in Italia sia quella di aiutare la crescita della cultura, della formazione e delle conoscenze digitali. Abbiamo messo in campo un programma ad hoc di coinvolgimento dei giovani e collaboriamo con Elis e Politecnico di Milano ad una iniziativa di formazione tecnologica dei giovani allievi della scuola che sta dando risultati incredibili”.
Le prossime mosse? “Vogliamo puntare su servizi cloud e video. Passo dopo passo, come abbiamo sempre fatto”. Però, l’impressione è che da un certo punto in poi quelli di Huawei siano diventati passi da gigante.