Si è svolto nel più totale riserbo, ieri pomeriggio, l’incontro tra il viceministro Claudio De Vincenti, i vertici italiani di Micron e un executive arrivato per l’occasione dagli Stati Uniti in rappresentanza del board della multinazionale.
Quali siano stati i risultati di questo tentativo in extremis di trovare una soluzione alternativa alle 419 procedure di mobilità annunciate dall’azienda in Italia, sollecitato tra l’altro da una parte dal ministero e dall’altra dai sindacati, che avevano scritto una lettera all’ambasciatore americano a Roma chiedendo di favorire un incontro con i vertici statunitensi del gruppo, si saprà dunque nella tarda mattinata di domani.
Di certo, oltre alla richiesta scontata di valutare soluzioni alternative ai licenziamenti, dal ministero è arrivata all’azienda statunitense la richiesta di conoscere quali siano i piani del gruppo per l’Italia, in termini di investimenti e prospettive, per avere una rassicurazione sul fatto che Micron non stia abbandonando il Paese, come più volte denunciato dai sindacati.
Nell’attesa però non si intravedono, a meno di sorprese dell’ultim’ora, grandi margini di trattativa, dal momento che l’azienda è stata finora rigida nel confermare le proprie decisioni, a parte un’apertura, durante l’ultima riunione con i sindacati, a riconsiderare il numero degli esuberi senza però fornire cifre né ordini di grandezza.
Ma la vicenda va anche al di là della posizione di Micron, come ha fatto notare recentemente l’assessore regionale alle Attività produttive della Sicilia, Linda Vancheri: “Non posso intervenire sulla scelta aziendale di una società che non è in difficoltà né in liquidazione – aveva detto – ma possiamo cercare di recuperare il più possibile e difendere a ogni costo il capitale umano”.
Una strada che, al di là di eventuali novità che venissero dal tavolo di domani, avrà due passaggi obbligati: la trattativa con StMicroelectronics, da una costola della quale provengono le attività italiane di Micron, “perché – come affermano i sindacati – si prenda le proprie responsabilità”, e i rilancio di una politica industriale nazionale sulla microelettronica che consenta al Paese, e nello specifico alle Regioni interessate, che sono essenzialmente Lombardia, Abruzzo, Campania e Sicilia, di accedere ai fondi che l’Unione europea metterà a disposizione del settore, per un rilancio del comparto che possa portare a una nuova crescita, e quindi a valorizzare anche le professionalità di cui Micron dovesse definitivamente decidere di fare a meno.