L'INTERVISTA

Mise, Anna Ascani: “Reti ultraveloci e competenze chiave di volta, sprint dal Pnrr”

La sottosegretaria: “Il Piano nazionale di ripresa e resilienza mette a disposizione 7 miliardi per l’infrastrutturazione. Impegno del Governo anche sul sostegno alla domanda di connettività e sullo svilippo delle skill digitali”

Pubblicato il 03 Mag 2022

ASCANI

“Dal Pnrr sprint senza precedenti alle reti ultraveloci ma il problema della manodopera per la fase di infrattutturazione va risolto al più presto”. Lo ha evidenziato Anna Ascani, sottosegretaria al ministero per lo Sviluppo economico  intervenuta a Telco per l’Italia, l’evento CorCom-Digital360.

La Transizione digitale passa dalle infrastrutture: quali sono i passi avanti nelle politiche del Pnrr in questo senso? Quali i fronti aperti più “caldi”?

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)  mette sul piatto 7 miliardi per le infrastrutture, uno sforzo economico senza precedenti che racconta come questo governo abbia come priorità l’accelerazione della digital transformation del Paese. Abbiamo concluso il bando Italia a 1 giga e ora parte la fase dell’infrastrutturazione delle aree grigie. Sappiamo bene che abbiamo accumulato ritardi importanti nel piano aree bianche, che risale al 2016, e che una parte di questi ritardi è dovuta a una difficoltà strutturale riguardante la disponibilità di manodopera, la capacità di mettere a lavoro le imprese responsabili della infrastrutturazione. Si tratta di un fronte che preoccupa chi sta al governo e che è giusto porre al centro dell’attenzione perché spesso non basta finanziare le opere, bisogna poi accompagnarne l’effettiva riuscita. Anche perché, al contrario, si rischia di non rispettare i milestone del Pnrr con effetti negativi sulla messa a dispsiozione delle risorse da parte della Ue.

Sul fronte mobile, invece, a che punto siamo?

Con il bando Italia 5G per la prima volta si dà un sostegno concreto alle reti mobili di nuova generazione, che non servono solo alla connettività degli smartphone ma anche ad innovare settori chieve per l’economia italiana come la logistica, la gestione dei rifiuti, l’automotive e la sanità. La gara è in corso con una scadenza imminente, il 9 maggio. Poi ci sarà da gestire la fase attuativa. Da segnalare anche come sia andato a buon fine il bando isole minori e il varo delle gare per le scuole e gli ospedali connessi. Ovviamente la disponibilità di reti ultraveloci è condizione necessaria ma non sufficiente, ecco perché è importante anche porre attenzione al sostegno alla domanda e allo sviluppo di competenze di cittadini e imprese: abbiamo messo a disposizione 600 milioni nell’ambito del piano voucher per le imprese per sostenere la domanda di connettività e stiamo studiando la fase 2 dei voucher destinati alle famiglie.

La questione della creazione e del trasferimento delle competenze è centrale, l’alfabetizzazione digitale degli italiani procede, ma a rilento. Come accompagnare cittadini e imprenditori ad avere una preparazione digitale adeguata?

L’approccio del Pnrr è un approccio complessivo che va dalla scuola  fino ai dottorati di ricerca industriale. Il principio alla base è che non basta ai ragazzi essere nativi digitali per dire di avere competenze adeguate e necessarie a un uso consapevole delle tecnologie e anche spendili sul mercato del lavoro. Con i ministeri dell’Istruzione e dell’Università siamo a lavoro per strutturare una strategia che vada superare il gap nelle discipline Stem, con un occhio particolare al divario di genere e l’obiettivo di superare la carenza di skill certificata anche dall’indice Desi della Ue. Non si tratta solamente di formare laureati ma anche tecnici in grado di far funzionare le “macchine” di Industria 4.0, ad esempio. Qui di particolare importanza è il sostegno agli Its che rappresentano una best practice: il 90% degli studenti degli istituti viene poi occupato. L’impegno è anche sui dottorati di ricerca industriale e sulla formazione “dentro” le imprese. Su questo secondo fronte abbiamo puntato su centri di trasferimento tecnologico che aiutano le aziende a formarsi sulle skill di cui hanno realmente bisogno, in maniera – come dire – “sartoriale” e su misura.

L’intelligenza artificiale è una realtà, con tante prospettive per il futuro e diverse criticità, come si governa questo processo?

Si governa mettendo a centro il fattore umano. È la filosofia alla base del regolamento europeo che sarà varato entro fine anno e anche della strategia italiana 2022-2024 che indentifica i settori maggiormente impattati dalla tecnologia e, al contempo, evidenzia le potenziali distorsioni nonché i problemi etici. L’Italia ha le carte in regola per ambire a una leadrship nell’AI, potendo contare su creatività, competenze e un valido sistema di ricerca: bisogna trovare il filo che mette insieme queste tre cose. Abbiamo lanciato un primo bando da 45 milioni e tra poco verrà varato il decreto direttoriale. Noi non siamo né un Paese né un continente che si candida ad utilizzare il Social Credit System, cioè un sistema attraverso il quale gli algoritmi possono dirci se un cittadino è buono o cattivo a seconda delle sue performance in diversi settori. Cosa che altrove accade e che è ritenuta anche utile. Ma abbiamo anche scelto un approccio doverso rispetto agli Usa, ad esempio. Un approccio che, appunto, mette al centro la persona e che rappresenta un valore aggiunto per uno svilippo sostenibile dell’AI.

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