Per preparare la strada al previsto aumento delle revenues generate
dal traffico dati, e al tempo per scongiurare la congestione della
rete, molti degli operatori di telefonia mobile si stanno dedicando
ad espandere la capacità dei propri network e a creare nuovi tetti
alla navigazione che limitano l’impatto degli abbonati più
“attivi”. Tuttavia secondo Monica Paolini, fondatrice e
presidente di Senza Fili Consulting, i carrier sembrano meno
concentrati a risolvere il problema alla radice: portare
delicatamente i clienti a cambiare abitudini e a fare un uso più
equilibrato delle risorse di rete, cercando di fornire
un’esperienza di alta qualità pur con risorse non
illimitate.
Naturalmente gli operatori mobili non possono esimersi
dall’investire nell’aumento della capacità sulla loro
infrastruttura wireless esistente (Hspa, WiMax) o dal realizzare
reti di nuova generazione, come quelle Lte. Si tratta di misure
necessarie ma non sufficienti, afferma la Paolini, a soddisfare la
prevista crescita del traffico dati, considerato che lo spettro che
verrà messo all'asta è limitato, che i soldi da investire non
sono molti e che invece è necessario per i carrier far crescere le
entrate dai servizi dati il prima possibile, per controbilanciare
il calo dai servizi voce.
In particolare, secondo l’analista di Senza Fili Consulting, i
limiti mensili al traffico o gli strumenti di traffic management
(per esempio, meno banda se si supera il tetto di 5 Gb mese), non
fanno che peggiorare la situazione: se oggi queste soluzioni
limitano l’abuso della rete da parte di una piccola porzione di
abbonati a vantaggio degli altri, man mano che il traffico dati per
abbonato aumenta, i limiti sui Gb probabilmente danneggeranno un
numero sempre più alto di utenti. Oppure i tetti ai dati mensili
potrebbero scoraggiare del tutto l’utilizzo di alcuni servizi,
specialmente su mercati, come quello americano, dove gli utenti
sono abituati alle tariffe “senza limiti” sia su fisso che
mobile.
Sarebbe perciò necessario, nota la Paolini, che gli utenti
venissero informati dall’operatore sulla quantità di traffico
usata nel corso del mese, in modo da tenere sotto controllo quanti
Gb hanno già sfruttato e quanti ne hanno ancora a disposizione
prima di “sforare”. Soprattutto, gli abbonati dovranno essere
messi in grado di gestire il loro traffico in maniera efficace
tramite un preciso strumento che permetta di usare il piano dati
per le applicazioni di cui veramente hanno bisogno e di evitare
invece quelle che generano molto traffico ma che per loro non sono
importanti.
Con gli smartphone, uno dei grandi imputati dell’aumento dei
livelli di traffico sulle reti mobili, gli abbonati non sanno in
effetti quali applicazioni generano più traffico, se alcune
applicazioni sono semplicemente inefficienti nel loro uso di banda
(e quindi l’utente potrebbe voler passare a quelle più
economiche), o se ce ne sono altre che consumano molte risorse ma
che per loro sono importanti. Quando la user experience non è
buona, gli abbonati non hanno modo di sapere se il motivo è un
problema di copertura o di capacità o un collo di bottiglia nella
rete o nel device, e se rimandare o interrompere alcune
applicazioni di background sarebbe d’aiuto. Semplicemente
riterranno l’operatore responsabile, anche se non è sempre vero,
scrive la Paolini.
In conclusione, gli operatori possono cominciare con le misure di
gestione del traffico e i tetti alla navigazione, ma devono passare
presto a nuove strategie, in particolare campagne di informazione
verso gli utenti per guidarli a un uso più efficiente delle loro
attività sulla rete: mettendo a disposizione dell’abbonato dati
del genere, diventa più facile per i carrier imporre regole di
traffic management perché alla regola si accompagna una soluzione.
Manish Singh di Continuous Computing ha suggerito agli operatori
mobili, per esempio, di fornire, insieme alla barra che indica la
copertura di rete, un’icona con un “data rate speedometer”
che mostra la velocità di trasmissione dei dati disponibile in
tempo reale.