L'INTERVISTA

#ModemLibero, Catalano: “Agli utenti il diritto di scegliere”

Il deputato del gruppo Civici e innovatori: “Presto Agcom avrà poteri sanzionatori: al momento utenti obbigati a utilizzare router forniti dalle telco per la fibra, nonostante le norme Ue. Penalizzate le eccellenze tecnologiche italiane: porte del mercato sbarrate”

Pubblicato il 26 Set 2017

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“Gli utenti finali hanno il diritto di accedere a informazioni e contenuti e di diffonderli, nonché di utilizzare e fornire applicazioni e servizi, e utilizzare apparecchiature terminali di loro scelta, indipendentemente dalla sede dell’utente finale o del fornitore o dalla localizzazione, dall’origine o dalla destinazione delle informazioni, dei contenuti, delle applicazioni o del servizio, tramite il servizio di accesso a Internet”. E’ quanto recitano i commi 1 e 2 della regolamentazione Europea 2015/2120 su net neutrality e roaming, che sancisce il diritto degli utenti finali di utilizzare apparecchiature terminali di loro scelta per l’accesso a Internet. Un testo che Camera e Senato dovrebbero rendere operativo entro la fine dell’anno, con le norme attuative e le deleghe al Governo che i due rami del parlamento, dopo il primo passaggio già avvenuto, dovrebbero approvare definitivamente. Nel frattempo in Italia la situazione vede gli operatori Tlc obbligare gli utenti finali a utilizzare soltanto determinati router, spesso con il pagamento di una “rata mensile”. A dirimere la questione sarà chiamata l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, che il Governo doterà di effettivi poteri sanzionatori proprio grazie ai provvedimenti in via di approvazione. Agcom è al lavoro sul tema da marzo: se ne stanno occupando il dipartimento tutela dei consumatori e il dipartimento reti di nuova generazione, con una prima tornata di audizioni con gli operatori e gli sakeholder già effettuata.

Intanto sui social sta prendendo piede l’hashtag #modemlibero, e una petizione sull’argomento ha ricevuto più di 1.200 adesioni su Change.org. Tra i parlamentari che si occupano dalla prima ora di questa vicenda c’è Ivan Catalano, del gruppo Civici e innovatori, membro del gruppo interparlamentare per l’innovazione e vicepresidente della commissione d’inchiesta sull’Uranio impoverito, che in un’intervista a CorCom spiega cosa sta succedendo e in che modo si arriverà a dirimere il caso.

Catalano, quando ha iniziato a occuparsi della libertà di scelta dei router?

Il mio interesse nasce intorno al 2013, al tempo non c’erano ancora fonti normative, né in Italia né in Europa, ma soltanto la definizione di terminale di accesso alla rete e il decreto legislativo italiano che lo recepiva. In Germania c’era già una legge del 2008 che dava la possibilità a tutti gli utenti di poter utilizzare un router di propria scelta e che vietava agli operatori di impedire questa libertà. Da lì nacque prima l’idea di una proposta di legge, e poi quella più semplice e “immediata” di una serie di interpellanze al Governo. Nel frattempo è stato approvato il regolamento europeo 2120 del 2015, che sancisce la libertà per ogni cittadino di scegliere e montare il router che preferisce. Il regolamento europeo, a differenza della direttiva, entra immediatamente in vigore, ma in Italia mancavano le norme attuative e le deleghe per assegnare i poteri sanzionatori all’autorità garante nazionale: l’authority in questo modo non ha avuto finora pieni poteri per poter sanzionare gli operatori, con l’Italia che ha rischiato di finire sotto procedura d’infrazione. L’approvazione definitiva dei due provvedimenti in discussione alla Camera e al Senato dovrebbe sanare questa situazione. Le multe previste non saranno in base al fatturato, come avevo chiesto in un emendamento, ma andranno da un minimo di 120mila euro a un massimo di 2 milioni di euro per chi metterà in campo offerte commerciali vincolanti o accorgimenti tecnici che impediscano di utilizzare la massima velocità di banda.

Quali sono ora i prossimi passi?

Agcom è in attesa delle linee guida di Berec, l’organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche, che è chiamata anche a esaminare la legge in vigore in Germania e stabilire se è coerente con il nuovo regolamento europeo. In caso positivo, saremmo di fronte alla prima “interpretazione autentica” del regolamento, e questo aprirà probabilmente la strada a una effettiva liberalizzazione dei router anche in Italia. Gli operatori da parte loro hanno sollevato il caso dell’interpretazione corretta di cosa sia un terminale di accesso alla rete, sostenendo che la loro rete termina effettivamente con i router che forniscono agli utenti finali. Ma se davvero fosse così, non dovrebbero farli pagare a parte ai loro clienti, come capita per molti degli operatori tlc più grandi, che vincolano i clienti con piccole rate mensili per 4 anni.

Quali sono i rischi e i problemi di prospettiva aperti dalla situazione attuale?

Potrebbe essere un primo passo, ad esempio, per accordi di altro genere. Se non si sa cosa c’è dentro un router, se non si ha accesso alle configurazioni, c’è il rischio che in futuro si possano verificare accordi tra produttori di device e internet provider che restringano l’accesso al mercato, come – solo per fare un esempio – l’abilitazione di un solo modello di smart Tv per un determinato fornitore di connessione.

E i produttori di router? Non sono in qualche modo discriminati?

E’ proprio il tema che ho sollevato nella mia ultima interpellanza al governo. In Italia, ad esempio, abbiamo industrie e aziende d’eccellenza, che producono prodotti di altissima qualità e li esportano all’estero, dove la libertà per gli utenti di scegliere il router è garantita dalla legge. Da quando è uscito il regolamento europeo le vendite sul mercato libero all’estero si sono alzate, mentre in Italia sono diminuite. E’ evidente che il mercato interno soffre di questa situazione, mentre liberare questo settore grazie a un’authority che ha finalmente i mezzi per essere più vicina agli utenti finali potrebbe far emergere anche in Italia realtà produttive molto competitive.

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