Questa settimana la Federal Communications Commission americana voterà sulle norme per la net neutrality: l’esito appare scontato, la commissione cancellerà le regole volute dall’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama in nome della deregulation dell’era Trump. Che cosa succederà in pratica? I sostenitori della net neutrality temono che il nuovo corso della Fcc darà il via libera a politiche discriminatorie da parte dei fornitori del servizio di Rete: Internet, dicono i paladini della neutralità, sarà diviso in due corsie, quella lenta e quella veloce.
La prospettiva non piace nemmeno alle aziende europee: oltre 200 imprese medio-piccole hanno firmato una lettera al presidente della Fcc Ajit Pai chiedendogli di non abolire le norme di Obama, perché negare la neutralità della Rete sarebbe un danno per la libera concorrenza. Che cosa succederà infatti alle aziende che non possono pagare i fornitori del servizio Internet per viaggiare sulla corsia veloce insieme ai big come Google e Facebook? “E’ un cattivo esempio per il resto del mondo, proprio dagli Stati Uniti da cui ci aspettiamo standard positivi”, dicono dall’associazione European Digital Rights.
Proprio dall’Europa, dove pure vigono norme in difesa della net neutrality, arrivano gli esempi di che cosa succede se qualche maglia larga nella legge permette delle discriminazioni, scrive il New York Times in un commento. Un caso finito sotto la lente del regolatore è quello della telco svedese Telia che ha concesso ai suoi clienti acesso illimitato sullo smartphone a Spotify, Facebook, Instagram e altre app molto popolari. I regolatori svedesi sono intervenuti per bloccare l’offerta: Telia violerebbe le norme Ue sulla net neutrality perché, nel momento in cui l’utente della telco finisce la quantità di dati mensile del suo piano tariffario, tutte le app si bloccano tranne le poche ad accesso senza limiti. Sul caso svedese è ancora in corso il procedimento in tribunale: Telia ha vinto un primo ricorso ma non c’è ancora la sentenza definitiva. La scappatoia è creata, secondo il NYTimes, dalla possibilità di perseguire politiche cosiddette di zero rating, in cui il fornitore della rete mobile non fa pagare i dati usati per determinate applicazioni o servizi. Per le telco si tratta di pratiche del tutto legittime, ma per i regolatori il sistema potrebbe essere usato per discriminare servizi e app meno “potenti”.
In Germania si è verificato un caso simile. Deutsche Telekom, per promuovere il suo servizio StreamOn, ha garantito ai clienti accesso illimitato a musica e video dei suoi partner, tra cui Netflix (la stessa azienda che ha rivelato che, quando entrò sul mercato europeo nel 2012, dovette pagare alcune telco per il trasporto dei suoi contenuti ai consumatori). Il regolatore tedesco ha approvato, chiedendo in cambio a Deutsche Telekom di ampliare il numero dei partner, portati a circa 50, mentre i consumatori hanno gridato alla violazione della net neutrality.
Chiunque abbia ragione, negli Stati Uniti non sembra probabile che la Fcc presti ascolto a lettere o proteste. Ajit Pai ha già smantellato le protezioni sullo zero rating e lo stralcio delle regole sulla net neutrality sarebbe solo il coronamento di una politica già avviata.