Ieri il Berec ha pubblicato la bozza di Linee guida per l’attuazione da parte delle Autorità di regolazione nazionali (ANR) delle nuove regole europee in materia di net neutrality, introdotte dal Regolamento UE 2015/2120, sulle quali tutti gli stakeholders sono chiamati a esprimere la loro opinione entro il prossimo 18 luglio.
Le Linee guida propongono definizioni esplicative dei contenuti del Regolamento individuando i parametri decisionali da tenere in considerazione per assicurare un’applicazione armonizzata delle nuove regole in materia di accordi e pratiche commerciali tra Internet Service Provider.
Occorre subito dire che non convince lo strumento “elastico” delle Linee guida per declinare le modalità applicative del Regolamento, atteso che indicazioni non vincolanti potrebbero giustificare il mantenimento di un margine di discrezione o di disallineamento in un ambito in cui è essenziale evitare ogni possibile squilibrio normativo o regolamentare. Al fine di costruire un level playing field è, infatti, necessaria una regolamentazione uniforme a livello europeo che non si limiti ad offrire alle varie autorità nazionali generici parametri di regolazione.
Si aggiunga, poi, che, pur non essendo espressamente contemplata nel documento, appare senz’altro legittima una differente disciplina della net neutrality in funzione delle condizioni di sviluppo tecnologico delle reti. Sono, infatti, legittime le istanze di remunerazione degli investimenti infrastrutturali sostenuti dagli operatori anche mediante politiche di pricing differenziate che rappresentano una spinta alla crescita dei singoli Paesi. In Europa, l’Olanda ad esempio, aveva già vietato gli accordi zero-rating, ovvero quelli in forza dei quali il traffico dati derivante dall’uso di una specifica applicazione non concorre a far superare la soglia forfettaria prevista di traffico dell’utente, ma tale scelta era dettata da un notevole sviluppo infrastrutturale già conseguito.
Entrando nel merito, rispetto alle regole dettate dall’FCC poco più di un anno fa, sembra che il Berec abbia preferito seguire un’impostazione formalmente più garantista dei diritti degli utenti, a discapito delle libertà degli operatori di comunicazioni elettroniche di differenziare le politiche commerciali in relazione all’utenza. Il rischio concreto che l’approccio adottato manifesta è quello di tutelare gli utenti “a ribasso”, ossia di garantire un equo trattamento a tutti, ma di bassa qualità, in un contesto in cui la capacità trasmissiva assume una rilevanza cruciale per lo sviluppo del mercato. Da qui le politiche per la realizzazione della banda larga e gli impegni presi con l’Agenda Digitale Europea di incrementare la capacità trasmissiva della rete.
D’altronde, se è vero che in passato il divieto di adottare politiche di zero-rating ha portato all’innalzamento della soglia di traffic cap e quindi all’aumento della disponibilità di spazio per la navigazione mobile da parte degli utenti, con una sostanziale diminuzione del costo di navigazione, è altrettanto vero che l’assenza di meccanismi volti a promuovere gli investimenti nelle infrastrutture potrebbe suggerire agli operatori di mantenere standard di navigazione di minima accettabilità. Anche per questo motivo, non dovrebbe essere, dunque, esclusa a priori la possibilità che le singole ANR legittimino la differenziazione delle offerte commerciali al fine di assicurare meccanismi di remunerazione per gli investimenti volti ad implementare le reti e, quindi, in prospettiva ad assicurare un incremento della qualità dei servizi offerti.
* Presidente dell’Italian Academy of the Internet Code (IAIC)
Pro-Rettore dell’Università Europea di Roma
Ordinario di Diritto Privato
info@iaic.it
www.iaic.t