La Federal Communications Commission americana rivede le sue posizioni sulla net neutrality aprendo la strada, negli Usa, a una rete a due velocità. Secondo quanto anticipato dal Wall Street Journal, Tom Wheeler, presidente dell’Autorità statunitense, proporrà nella riunione della Commissione un nuovo regolamento sulla net neutrality che di fatto permetterebbe alle aziende di pagare per garantirsi un accesso più rapido ai loro siti e servizi. In pratica big come Google, Disney o Netflix potrebbero pagare per avere una corsia “preferenziale” per far viaggiare i propri dati più velocemente. Le associazioni dei consumatori hanno già protestato sottolineando il rischio di perdita di neutralità della Rete. Ma Wheeler ha replicato che la sua proposta non distruggerà la net neutrality: “Ci sono voci che la Fcc stia annientando il ruolo dell’Open Internet e sono del tutto sbagliate” ha commentato. Ed ha ribadito che il progetto include comunque tre principi chiave: trasparenza sulla attività di rete, nessun blocco e nessuna discriminazione basata su applicazioni e servizi.
Messe a punto da Wheeler, le nuove norme permetterebbero agli Isp di chiudere accordi con Ott e produttori di contenuti per un trattamento preferenziale al traffico Internet. A patto che questi accordi meccanismi siano disponibili a condizioni “commercialmente ragionevoli” per tutte le aziende dei contenuti interessate. Se le condizioni applicate saranno “commercialmente ragionevoli” sarà deciso dalla stessa Fcc caso per caso.
La Commissione sarebbe andata anche oltre: sempre secondo il Wsj, l’Authority intende rinunciare al proposito di definire i servizi Internet “di pubblica utilità”, e quindi da distribuire in modo uguale per tutti, preferendo denominarli “information services”, servizi di informazione, quindi gestibili in base alle scelte autonome degli Isp.
Il principio che muove la Fcc fa perno sul divieto, per i fornitori della connessione Internet su banda larga, come Comcast, Verizon Communications e Time Warner, di bloccare o rallentare alcuni siti, perché l’accesso ai contenuti deve essere trattato in modo uguale.
Le nuove regole prevedono anche che i provider della banda larga siano obbligati a fornire alla Fcc molte più informazioni sulle loro reti, compresi dettagli sulla velocità effettiva di navigazione e la congestione del servizio sull’ultimo miglio. Come le precedenti disposizioni della Fcc in materia di open Internet, le nuove regole, inoltre, non si applicano ai carrier mobili, sottolinea il Wsj.
La Fcc renderà nota la sua proposta oggi di modo che i vari commissari possano studiarla e valutarla per poi decidere se andare avanti con le misure in vista del voto che si svolgerà nella riunione del 15 maggio.
Si tratta del terzo tentativo della Fcc di implementare una normativa sulla neutralità della rete. Gli scorsi due tentativi sono stati bocciati in tribunale dopo le proteste delle società fornitrici del servizio di banda larga. Gli Usa, infatti, erano stati i precursori della neutralità della Rete nel 2010 con regole della Fcc che proibivano agli operatori (ma solo su rete fissa) di discriminare il traffico, favorendo o sfavorendo alcuni servizi internet rispetto ad altri. Le norme però sono state bocciate a gennaio da un tribunale di Washington perché giudicate troppo rigide, su ricorso dell’operatore Verizon. Nel frattempo sono anche cambiati i vertici di Fcc, che quindi si sono trovati a dover modificare regole fatte dai loro predecessori.
Stavolta sono insorte le associazioni in difesa dei consumatori, ritenendo che le misure proposte creino una “corsia preferenziale” o veloce su Internet accessibile solo a coloro che pagano un extra. La American Civil Liberties Union ha dichiarato che il provvedimento della Fcc potrebbe creare ostacoli all’innovazione e condurre a un aumento dei prezzi per i consumatori. L’associazione Free Press ha accusato la Fcc di essere “complice” dei grandi Isp desiderosi di “distruggere l’open Internet“. La proposta della Fcc, inoltre, non affronta la questione del peering (che permette ai service provider di scambiare traffico tra le loro reti e quelle dei loro clienti), un tema su cui Netflix ha di recente condotto un’azione di lobby.
La proposta, secondo il quotidiano finanziario, aprirebbe la porta a nuovi prodotti da aziende come Apple, che ha considerato l’idea di offrire un servizio video che si baserebbe proprio su una porzione dedicata della connessione broadband. Se le regole saranno adottate, i primi a beneficiarne saranno i grandi fornitori della banda larga che potrebbero far pagare sia i consumatori che le aziende dei contenuti una tariffa extra per l’accesso alle loro reti. Aziende come Google o Netflix, che offrono servizi voce e video, potrebbero essere interessate a pagare di più per assicurarsi che il traffico arrivi ai consumatori senza interruzioni.