Net neutrality: in calo i titoli delle telco Usa

A Wall Street investitori in allarme per la decisione della Fcc di regolare l’accesso a Internet ultra-veloce. Verizon mette in dubbio la “legalità” della manovra

Pubblicato il 07 Mag 2010

La notizia diffusa ieri sulle intenzioni della Federal
communications commission di inasprire le norme che regolano
l’accesso a Internet su banda larga, per garantire la neutralità
della rete, ha sicuramente fatto piacere alle società del web, ma
ha subito messo in allarme gli investitori.

E’ la prima volta che l’authority federale decide di regolare i
fornitori di accesso a Internet ultra-veloce. La Fcc si è
affrettata a chiarire che non frenerà in alcun modo i potenziali
investimenti nelle reti di comunicazione da parte del settore
privato e che non interverrà su tariffe e unbundling, ma le
rassicurazioni non hanno convinto Wall Street, preoccupata dalle
possibili ricadute sulle aziende del settore.

Così i titolli di Time Warner Cable e Cablevision hanno perso
oltre il 6% ieri a New York, mentre Comcast ha lasciato quasi il
5%. Gli operatori del cavo rapporesentano la maggior parte delle
connessioni Internet americane, ma anche le azioni dei gruppi
telecom hanno subito un impatto negativo: At&t ha perso  l’1,1%,
Verizon Communications lo 0,3%.

Come riportato ieri dal Corriere delle comunicazioni, il presidente
della Fcc Julius Genachowski vuole classificare le aziende del
broadband come "servizi di telecomunicazioni” o “Title
II”, il che conferisce alla commissione molti più poteri
regolatori e apre il terreno a nuove norme sulla net neutrality
tanto cara a Obama e allo stesso Genachowski.

Tom Tauke, executive vice-president of public affairs di Verizon,
ha commentato che l’approccio della Fcc “non ha supporto
legale”, forse indicando che l’azienda è pronta a fare causa
contro la decisione dell'authority. "Le regole che ne
scaturiranno porteranno solo confusione e ritardi nell’importante
lavoro di costruzione della rete su banda larga della
nazione", ha detto Tauke.

Secondo Rebecca Arbogast, analista di Stifel Nicolaus, la decisione
della Fcc rappresenta una perdita per le aziende della banda larga
ma non è “apocalittica” come vogliono far credere alcuni
player dell’industria, perché è probabile che la commissione
voglia solo introdurre modifiche limitate al funzionamento del loro
business.

Ad ogni modo, la proposta di classificare i provider di banda larga
come “Title II” deve essere votata e approvata dalla Fcc e
c’è da aspettarsi forti pressioni da parte dell’industria
telecom ma anche dell’opposizione che la rappresenta: i
parlamentari Repubblicani hanno già fatto sapere che considerano
la decisione della Fcc “niente più che un colpo di mano del
governo su Internet”.

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