Netflix vola in Borsa, ma il business è sostenibile?

Annunciata l’espansione in 43 Paesi dell’America centro-meridionale, ma gli analisti frenano: troppo alti i costi per l’acquisto dei contenuti

Pubblicato il 13 Lug 2011

La scalata di Netflix non sembra conoscere soste ora che il valore
delle sue azioni ha superato anche i 300 dollari nelle
contrattazioni di ieri al Nasdaq (per poi scendere intorno ai 290 a
fine giornata). Il titolo del servizio di noleggio video online è
cresciuto del 65% quest’anno, ma negli ultimi giorni è volato
anche grazie all’annuncio di nuovi progetti di espansione
internazionale, in particolare in America centro-meridionale.

Netflix permetterà ai suoi iscritti residenti in America Latina di
guardare non solo programmi tv e film americani, ma anche
spettacoli, film e telefilm di produzione locale e globale, e non
solo sul televisore, ma anche su altri device elettronici come i
lettori Blu-Ray, i computer e gli smartphone. I servizi di Netflix
saranno accessibili in inglese, spagnolo e portoghese.

Una crescita sensazionale, che preoccupa gli operatori del cavo e
le telco, che temono una fuga di utenti dalle loro rispettive
offerte video verso la piattaforma di Netflix. Ma anche gli
analisti cominciano a temere che il modello di business del sito di
video rental americano possa non essere sostenibile nel lungo
termine.

Espandersi in tante altre nazioni (43, ha annunciato Netflix) vuol
dire acquistare contenuti e accordarsi con i detentori dei diritti
su film, telefilm, show televisivi. Secondo Michael Pachter,
analista di Wedbush Securities, i costi di Netflix per acquistare
contenuti potrebbero moltiplicarsi da 180 milioni di dollari nel
2010 a 1,98 miliardi nel 2012.

“Netflix continua ad essere una grande storia di successo”,
commenta Eric Wold di Merriman Capital. "Ma ci sono fattori di
incertezza nel futuro e secondo me il titolo non crescerà ancora
molto”. Wold ha ridotto il suo rating su Netflix da buy a
neutrale, perché l’azienda si prepara a entrare in un periodo di
“ridotti margini operativi”, dice l'analista, visto anche
che spenderà 70 milioni di dollari per espandersi in America
Latina. Inoltre Wold stima 300 milioni di dollari annui di costi
per rinnovare i contratti esistenti per trasmettere i contenuti del
canale via cavo Starz, uno dei partner di punta di Netflix.

L'azienda americana di video rental ad aprile ha riportato per
il primo trimestre 2011 utili di 60 milioni di dollari, in crescita
dell’88% rispetto all’anno prima, fatturato di 719 milioni, in
crescita del 46%, e 23,6 milioni di utenti, in Usa e Cabada, in
aumento del 69%. In America Latina ci sono 45 milioni di abbonati
alla banda larga, perciò il mercato sembra maturo per i servizi di
Netflix. Ma gli analisti di Wall Street restano cauti sul titolo: i
più scettici prevedono un crollo fino a 210 dollari, se non
addirittura 170.

A mettere il freno sarebbe il modello di business basato sullo
streaming: come spiega Michael Pachter di Wedbush, oggi Netflix
offre il piano streaming-only senza limiti a soli 7,99 dollari al
mese. Pagando di più si possono affittare Dvd o avere accesso a
video online, ma è l’offerta base quella che viene scelta dalla
maggior parte degli iscritti al sito e questo sta riducendo le
entrate medie per utente della società.

Più ottimista Justin Patterson di Morgan Keegan, che ha alzato il
price target su Netflix da 267 a 295 dollari per azione, convinto
che l’azienda benefici di un marchio ormai ben noto, una
posizione di leadership sul mercato e la capacità di espandersi
ancora, negli Usa e in altri Paesi: secondo Patterson, Netflix
arriverà presto anche in Europa occidentale.

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