La nuova legislazione australiana sulle reti? Inadeguata. Parola di
Telstra, la principale compagnia di tlc di Canberra, che, in
un’audizione al Senato, ha attaccato il Governo sul progetto,
presentato il mese scorso, di una divisione fra la rete retail e
quella all’ingrosso o, alternativamente, su una regolamentazione
più stretta che potrebbe costringere la società a cedere
forzatamente alcuni assets e a non acquistare nuove frequenze di
spettro per il radiomobile.
“Una mossa di questo tipo – ha accusato pubblicamente il
management della compagnia – danneggerebbe gli un milione e
quattrocentomila piccoli azionisti che negli scorsi 12 anni hanno
comprato le azioni dal Governo, distruggendo valore e andando a
colpire anche l’occupazione”.
La protesta di Telstra si inserisce in un contesto più ampio: in
ballo, infatti, c’è anche il piano da 43 miliardi di dollari
australiani (circa 25 miliardi di euro), che il governo di Canberra
ha messo in campo per creare una nuova rete nazionale per la banda
larga. E se da un lato il ministro delle Comunicazioni, Stephen
Conroy, si è detto convinto che i cambiamenti porterebbero una
maggior competitività nel settore delle linee a banda larga prima
della costruzione della nuova Nbn, l’ex monopolista, per bocca
del suo Ceo David Thodey, ha replicato che “questa mossa non
farà altro che rendere più difficilmente raggiungibile
l’obiettivo dell’Esecutivo” in merito alla banda larga.