L'INTERVISTA

Ngn, Colao: “Sì a progetto comune, no a monopolio Telecom sulla fibra”

“Se non ci sono ritorni economici è necessario mettersi tutti insieme”. Piano TI insufficiente a garantire concorrenza: “Vecchie tecnologie ammodernate soluzione tecnica inaccettabile. Serve una rete aperta a tutti”. E sugli Ott: “Regole precise per evitare nuovi oligopoli”

Pubblicato il 22 Giu 2012

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“In Italia sulla banda larga ci vuole concorrenza”: Vittorio Colao, numero uno del gruppo Vodafone, in un’intervista a Giovanni Pons sulla Repubblica, dice no a “posizioni di privilegio sulla fibra” in capo a Telecom Italia. “Sulla rete mobile siamo arrivati a un buon livello di condivisione dei siti con Tim. Per quanto riguarda la rete fissa se non ci sono i ritorni economici per costruirne una nuova in fibra ottica è necessario mettersi insieme. Abbiamo la volontà di coinvestire in Italia, Spagna e Germania ma teniamo ferma la determinazione che il gestore dominante non possa mantenere la sua posizione di privilegio anche nella fibra come ha più volte detto la Commissione Ue”.

Secondo Colao il piano di investimenti di Telecom Italia che prevede di portare la fibra in 200 città e al 50% della popolazione entro il 2018 “non è sufficiente se si cercano di utilizzare vecchie tecnologie ammodernate (il riferimento è al vectoring, ndr) senza aprire veramente alla concorrenza. Vodafone, ma credo tutti gli operatori internazionali, non accetterà mai una soluzione tecnica che implichi il monopolio commerciale. Questa è l’unica cosa che in nessun paese europeo lasceremo passare”. Colao sottolinea però la volontà di Vodafone di scendere in campo in una “visione condivisa” ma solo “se si trovasse una soluzione comune”. “Se fossi nei panni di un operatore dominante – aggiunge – non difenderei fino allo stremo posizioni anticoncorrenziali. Prenderei in seria considerazione l’ipotesi di sviluppare una nuova rete Ngn aperta a tutti”. Il numero uno di Vodafone cita il caso BT con Open Reach, ma anche i modelli australiano e neozelandese e quello della Francia dove si va avanti con un progetto congiunto fra le telco nelle aree al di fuori di Parigi.

Sullo scontro fra telco e Ott Colao sottolinea che “ci vogliono regole precise per evitare che si formino nuovi oligopoli” pur ricordando che il suo approccio nei confronti delle Internet company “è sempre stato costruttivo”. Secondo Colao “a ognuno deve essere garantita la possibilità di mantenere il rapporto con il cliente finale” e per descrivere lo stato dei fatti racconta l’esperienza britannica: “Google ci contesta una joint venture ‘aperta’ per effettuare pagamenti telefonici mobili, quando loro hanno il 90% di quota di mercato nelle search”.

Nell’intervista Colao traccia anche il bilancio dei suoi quattro anni a capo di Vodafone. “Il nostro spread è a 85 punti base, molto contenuto grazie alla forte diversificazione dell’azienda. I nostri asset sono per circa il 40% negli Usa, 40% in Europa, e 20% nei Paesi emergenti, senza dipendere da nessun Paese. Possiamo gestire l’azienda senza interferenze e i risultati si vedono: il rendimento a 4 anni è del 29% superiore alla media del settore”. Il numero uno di Vodafone considera una scelta “azzeccata” quella di rimanere in minoranza in Verizon Wireless: “Abbiamo la più grande minoranza al mondo: il 45% di una società che vale fra i 150 e i 200 miliardi di dollari. Verizon è un’ottima azienda, di grandissima capacità operativa, leader di qualità nel mercato americano. Nel 2011 abbiamo ottenuto 4,5 miliardi di dollari di dividendi”.

Ma per l’azienda britannica non mancano le difficoltà: “In Australia abbiamo avviato una joint venture con 3 integrando la rete a scapito della qualità. In Spagna c’è un problema di rallentamento dei consumi che sta comportando per noi una discesa del fatturato del 10%. In India abbiamo un problema fiscale non causato da noi ma da Hutchison”. Di contro vola il business nei mercati emergenti: “Quando divenni ceo, Vodafone fu criticata perché pensavano che non sarebbe stata in grado di gestire i mercati emergenti: quattro anni dopo mi trovo con la Turchia che cresce del 30% guadagnando 10 punti di quota di mercato in 4 anni. L’India è diventata il numero due con il 22% di quota di mercato, in Ghana cresciamo del 30% e in Sud Africa, acquisizione da me completata, abbiamo mantenuto la leadership”.

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