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Ngn, il Berec si spacca sulla raccomandazione

L’authority europea non trova l’accordo sugli obblighi di non discriminazione e metodologia dei costi di accesso alle reti. Pesa l’opposizione dei garanti olandese e francese sulla bozza della Commissione Ue

Pubblicato il 08 Mar 2013

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Riuniti ieri e oggi a Lubiana per la sessione plenaria del Berec (l’organismo europeo che li raggruppa), i regolatori Ue delle telecomunicazioni non sono riusciti a concordare una posizione comune sulla chiacchierata raccomandazione comunitaria in materia di obblighi di non discriminazione e metodologia dei costi per l’accesso alle reti di comunicazione elettronica. Troppe e ancora inconciliabili le divergenze di vedute. Troppi i sospetti covati da alcuni garanti (su tutti quello olandese, francese e tedesco) sul rischio che un via libera secco al testo, ancorché accompagnato da riserve, potrebbe dissuadere la Commissione europea dal rimodularne i punti ritenuti più controversi. Così, come ha fatto sapere con un tweet il regolatore austriaco (e futuro chairman dell’organismo) Georg Serentschy, il Berec ha deciso di prendere altro tempo rimandando di due settimane il proprio responso, e dunque il voto dei suoi membri su un parere definito. Frattanto, tra stasera e lunedì verrà diffusa una dichiarazione congiunta (corredata da un comunicato stampa) in cui, presumibilmente, saranno illustrati i principali motivi del rinvio.

Pubblicata in forma di bozza lo scorso 7 dicembre, la raccomandazione caldeggia in essenza costi di unbundling allineati in tutti gli stati membri entro il 2016 e detta norme antidiscriminatorie più stingenti per l’accesso al rame, pur lasciando ai regolatori ampia discrezione su come applicarle. A ciò si aggiunge un’iniezione di flessibilità regolamentare nel campo delle NGN, svincolando i prezzi all’ingrosso dal principio del cost-orientation. L’obiettivo dichiarato dell’intero pacchetto, al quale il Commissario per l’Agenda Digitale Neelie Kroes ha in più occasioni affermato di conferire un’importanza strategica, è proprio quello di rafforzare la dinamica degli investimenti nei network di nuova generazione. Il tutto al costo di abbracciare una posizione sul rame che se fa la delizia degli incumbent ha d’altro canto suscitato vivaci proteste nei ranghi degli operatori alternativi.

Questi ultimi non solo attendevano dalla raccomandazione un dispositivo antidiscriminatorio più ficcante. Ma hanno anche espresso forti perplessità sulla norma che domanda a tutti i paesi di portare entro il 2016 i prezzi di accesso al rame in una banda compresa tra 8 e 10 euro. Il che in soldoni obbligherebbe 10 stati membri ad innalzarli. Fin qui sembra che le principali fratture in seno al Berec si siano consumate proprio su questo passaggio. Più nello specifico, i regolatori rivendicano la specificità di ciascun mercato e di qui le intrinseche difficoltà legate all’attuazione di un quadro uniforme su scala europea.

La raccomandazione, a onor di cronaca, non è stata ancora presentata ufficialmente, e se l’Esecutivo di Bruxelles ha deciso di diffonderne i contenuti è solo per arginare l’ondata di speculazioni e critiche scatenatesi non appena una bozza “non autorizzata” era rimbalzata su alcune testate (tra cui la nostra). Il testo, tra gli altri, aveva attirato un giudizio piuttosto severo da parte del Beuc, l’organizzazione europea dei consumatori, e suscitato perplessità tra molti deputati europei (tra cui l’influente Adina-Ioana Valean, che ha presentato un’interrogazione parlamentare alla Kroes in cui viene implicitamente messa in dubbio la filosofia su cui poggia l’impianto della raccomandazione).

L’atteso parere dei regolatori delle tlc, pur necessario ai fini del completamento dell’iter, non è vincolante, ma è come se lo fosse visto che spetterebbe a loro l’onere di trasporre le disposizioni nei singoli contesti nazionali. Non solo: data l’esposizione mediatica ricevuta dal testo, e le ricordate polemiche che l’hanno accompagnato, una posizione del Berec gravata da troppe riserve avrebbe l’effetto sicuro di affossarlo.

Consapevole di ciò, la Commissione ha lungamente “corteggiato” le authority, con la stessa Neelie Kroes che aveva voluto incontrarle de visu nel novembre scorso. Negli ultimi giorni, a misura che si approssimava la plenaria di Lubiana, sembra che il pressing di Bruxelles si sia fatto sempre più incalzante. Pressing che, vociferano alcuni, avrebbe indurito il fronte del sospetto, anziché ammorbidirlo.

Durante colloqui separati con ciascuna authority, la Commissione avrebbe in pratica promesso di ritornare sui passaggi meno graditi del pacchetto in cambio di un avallo “non problematico”. “Ma non tutti i regolatori si fidano”, fa sapere una fonte. Di qui il rinvio, deciso al termine di un lunghissimo e battagliato negoziato, che a quanto pare ha anche ospitato momenti di forte tensione con i rappresentanti di Bruxelles presenti a Lubiana. E questo nonostante Robert Madelin – Direttore Generale della DG Connect della Commissione Europea – abbia twittato nel tardo pomeriggio che Commissione e Berec hanno “una visione comune sulla necessità di regole favorevoli agli investimenti”. Il punto, spiegano da Lubiana, è che i dissidi tra regolatori, e ancora di più tra regolatori e Commissione, si annidano proprio nei dettagli di queste regole. Morale della favola: si allungano ulteriormente i tempi di approvazione di un testo che, secondo quanto aveva annunciato la Kroes nel luglio scorso, avrebbe dovuto concludere il proprio iter entro e non oltre la fine del 2012.

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