Nell’industria telecom si dibatte spesso sui costi della
realizzazione delle reti di accesso di prossima generazione: una
soluzione, che potrebbe alleviare per le telco il peso finanziario
di questi progetti, è la formula del co-investimento, secondo
quanto emerso dalle dichiarazioni dei principali player del settore
riuniti in occasione del Broadband World Forum a Parigi. Dividere i
costi dell’infrastruttura, concordano gli executive
dell’industria telecom, aiuterà le aziende a generare un ritorno
sull’investimento.
Le attrezzature di rete passive, come i cavidotti e la fibra,
rappresentano circa l’80% del costo delle reti di nuova
generazione. Si tratta di un investimento che richiede fino a 50
anni per essere recuperato, contro i circa 5 anni in cui si
recupera l’investimento negli elementi attivi della rete, ha
spiegato Gabrielle Gauthey, EVP global government and public
affairs di Alcatel-Lucent. Nelle aree dell’Europa dove non c’è
concorrenza sull’infrastruttura, “possono essere incentivati i
modelli di co-investimento per favorire la realizzazione delle
Ngn", ha dichiarato la Gauthey.
Un ruolo importante deve essere svolto anche dai governi, invitati
a stimolare l’adozione dei servizi basati sulle Ngn e a ridurre i
costi dell’implementazione, e quindi i rischi
dell’investimento. “Condividere rischi e benefici è
importante”, ha dichiarato il Cto di Keymile, Wolfgang Spahn,
d’accordo con l’idea che le telco possano dividere lo strato
fisico del network. “In questo modo si concede anche equo accesso
a tutti i player", ha aggiunto, evitando che i piccoli restino
fuori dal mercato a causa degli alti costi di ingresso.
Il ritorno sull’investimento nella rete passiva ha tempi molto
lunghi, ha confermato Gianfranco Ciccarella, VP next-generation
access networks and partnerships di Telecom Italia, aggiungendo che
non può convenire a un’azienda fornire solo lo strato passivo
del network, come accade a Singapore, dove un’azienda agisce da
fornitore wholesale di fibra per la rete di banda larga di nuova
generazione. “Economicamente ha più senso che due-tre player
dividano il costo della rete e forniscano accesso virtuale agli
altri provider”, secondo il top manager italiano.
Questo modello di open access non funziona però su tutti i
mercati, ha messo in guardia Stephan Wilson, senior analyst di
Informa Telecoms and Media: per esempio, in Europa centrale e
orientale, c’è forte concorrenza sull’infrastruttura e quindi
le barriere d’ingresso per i carrier alternativi sono molto meno
alte. “Perciò in Europa orientale probabilmente continueranno a
convivere diversi network concorrenti”, ha concluso
l'analista.