“Qual è il piano con il maggior potenziale per cablare l’Italia con una rete Ngn? Quello di Telecom Italia”: Carlsten Schloter, numero uno di Swisscom, l’incumbent svizzero che controlla Fastweb, a sorpresa si schiera a favore di TI. A sorpresa, se si considera che Swisscom controlla l’ 11% di Metroweb, la società a sua volta controllata da F2i Reti Tlc la “newco” del fondo di Vito Gamberale in cui la cassa depositi e prestiti ha deciso di investire (attraverso il Fondo strategico italiano) fino a 500 milioni (già deliberato l’aumento di capitale per 300 milioni).
In un’ intervista al CorrierEconomia, il manager del gruppo elvetico accende i riflettori sulla necessità di pragmatismo: “In Italia dobbiamo distinguere tra ciò che viene annunciato e ciò che si farà realmente”. E puntualizza che nel corso degli anni “Fastweb è la sola società che ha investito sulla fibra: 6 miliardi di cui 2,5 da quando siamo entrati noi. E nei prossimi tre anni investiremo un altro miliardo”. Nel ribadire che Fastweb non è in vendita, né tantomeno è in vendita l’infrastruttura Schloter sottolinea che “una duplicazione della Ngn non ha senso”, e che bisogna sfruttare al massimo l’infrastruttura esistente ed inoltre l’ Italia “deve recuperare il ritardo e ha bisogno di essere il più pragmatica possibile. Questo vuol dire usare l’ infrastruttura esistente ed evitare qualunque duplicazione anche alla luce delle risorse limitate”. Swisscom appoggia dunque il piano di Franco Bernabè: “Il progetto di collegare 100 città e 7 milioni di case è credibile, ma deve essere vincolante”. Per Schloter, “Metroweb è un buon esempio di apertura della rete esistente agli altri operatori e Milano è un esempio eccellente di come si può usare un’ infrastruttura già esistente al meglio”.
Intanto in Europa gli investimenti in Ngn continuano a restare al palo. La questione delle regole resta prioritaria. “È molto complicato stabilire investimenti di lungo termine se il regime regolatorio cambia ogni tre anni (l’Ofcom rivede ogni tre anni il prezzo della fibra ndr)”, sottolinea Sean Williams, Strategy director di BT. La telco britannica ha fatto appello al comitato per le comunicazioni dei Lords affinché si prenda in considerazione una regulatory holiday sui prezzi di accesso alle reti in fibra a favore di chi investe nelle nuove reti. “La cosa migliore è non regolamentare il prezzo fino a che non sia garantito un adeguato ritorno ossia in modo da bilanciare il rischio di investimento”, aggiunge Williams. Stando alle stime annunciate dall’azienda per recuperare gli investimenti in fibra sono necessari almeno 20 anni con payback non prima di 12 anni.