Ngn, una babele di regole comunali. “Bastoni fra le ruote alle telco”

Sviluppo del broadband frenato dal caos normativo e tributario: domani se ne discute a Padova all’assemblea dell’Anci. Testa (Cittalia): “Le amministrazioni non si rendono conto che le reti sono un asset politico”

Pubblicato il 11 Nov 2010

Catasto delle reti, comuni in alto mare. Motivo? Manca una
fotografia digitale, un database informatico condiviso del
labirinto di reti idriche, fognarie, di Tlc ecc. che passano sotto
le nostre città. In soldoni, si va ancora avanti per planimetrie e
richieste di scavo a compartimenti stagni, autorizzate magari dagli
uffici competenti, ma non inserite in un "cervellone"
elettronico condiviso da tutti.

In più, a frenare la realizzazione della banda larga super veloce
(Ngn), oltre alla mancanza di fondi, c'è la babele di regole
locali, che disciplinano la normativa sugli scavi. Un caos
frastagliato e disomogeneo di norme, un campanilismo procedurale di
tributi locali che mette i bastoni fra le ruote agli operatori,
già restii a spendere. La fotografia della situazione italiana
arriva dal report "Le Reti di nuova
generazione nei Comuni. Infrastrutture e regole di internet
veloce", realizzato da Cittalia, Fondazione di ricerca
dell'Anci (Associazione nazionale comuni italiani) in tandem
con l'Anfov (Associazione nazionale fornitori di video
informazione). Lo studio sarà presentato domani a Padova, in
occasione dell’assemblea annuale dell'Anci.

Milano, Roma, Reggio Calabria, Verona, Novara, Bari, Catania,
Firenze, Napoli, Reggio Emilia. Questo il panel analizzato da
Cittalia sul fronte dello sviluppo dell'Ngn. "In materia
di scavi e reti del sottosuolo gli apparati normativi appaiono
datati, vecchi di dieci anni, basati su una visione tariffaria
inadeguata (es. la Tosap e la Cosap, canone di occupazione di suolo
pubblico ndr) a promuovere lo sviluppo delle reti – dice Paolo
Testa, responsabile dell"area Innovazione di Cittalia – un
primo auspicio è che i comuni si rendano conto che la
realizzazione delle reti ultra broadband è un asset
politico".

Ma per ora siamo in alto mare. "Ancora non si è imposto un
modello unico e condiviso di sviluppo di reti Ngn – si legge nel
report – sia in termini di architettura e dimensionamento fisico
che di investimento".

In generale, a parte qualche eccezione come Milano, Torino e Reggio
Emilia, manca un data base condiviso del patrimonio di reti
presenti nel sottosuolo del territorio comunale.

"E' impossibile stilare dei piani locali di cablaggio
senza conoscere la situazione delle reti esistenti – dice Testa
– è necessario uno sforzo di mappatura dei cavidotti dei diversi
player, dalle multi utilities agli operatori di Tlc che dispongono
di un patrimonio di fibra spenta non condiviso. Per sviluppare le
reti Ngn bisogna partire dalle infrastrutture esistenti. Per
ottimizzare i costi, bisogna puntare sulla condivisione e il
riutilizzo delle reti: dalle fogne alle condutture idriche,
passando per le reti di teleriscaldamento presenti in decine di
medi comuni, soprattutto nel nord Italia".

Il dato di partenza è chiaro: i 10-12 miliardi di euro necessari
per fare la rete Ngn in Italia non ci sono. Quindi, bisogna
ingegnarsi, partire dalle reti che ci sono, per non perdere il
treno dello sviluppo. "Bisogna cominciare a cablare subito –
aggiunge Testa – il rischio in molti comuni è che ci siano
infrastrutture conosciute, adatte per la posa di cavi Tlc, ma che i
dati non siano stati registrati e che quindi non siano
disponibili".

Come uscire dall’impasse? "Il censimento degli impianti è
il punto di maggior debolezza rilevata nei Comuni – si legge nel
report di Cittalia – Se in alcuni casi, come Torino, Roma e
Milano, anche per la presenza di un coordinamento regionale forte
sul tema, vi è una posizione avanzata e innovativa, nella maggior
parte dei casi il censimento è assente o parziale, o non
strutturato (come avviene a Catania)".

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