L’Italia ha gravemente sottovalutato,egli ultimi quindici anni, la necessità di investire sulle reti, soprattutto su quella fissa, per dare spazio all’espansione naturale dell’economia digitale. La digitalizzazione è ossigeno puro per un sistema produttivo, e direi anche creativo, com’è il nostro, imperniato sulle piccole e medie imprese di eccellenza, locali, specialistiche, che trovano nella distribuzione costosa, nella promozione inaccessibile e nella logistica inefficiente i tre grandi ostacoli alla loro crescita.
In molte zone alcuni operatori telefonici, come noi di 3 Italia, hanno ovviato alle carenze della rete fissa diffondendo nelle aree meno urbanizzate Internet mobile di qualità. Ma non c’è dubbio che una rete fissa efficiente resta importante e, in Italia, carente.
Anche per questa carenza, il commercio elettronico langue, nel nostro Paese, su livelli minimi rispetto alle medie europee: colpa anche di un’insufficiente sensibilizzazione dei protagonisti potenziali del mercato ma soprattutto di un digital divide che discrimina ancor più di quanto le già impietose statistiche documentino.
In questo quadro lo Sblocca Italia è senza dubbio un passo nella giusta direzione ma si deve e si può fare ancora meglio, soprattutto ottenendo dalle istituzioni europee quell’attenzione e quelle risorse che finora sono mancate, e incanalandole poi in una politica di nuova infrastrutturazione che deve essere indirizzata, se non gestita, dal pubblico nell’interesse simmetrico di tutti i cittadini e non solo dei clienti di questo o quell’operatore.
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