E alla fine, l’Europa farà il modulo di servizio che darà spinta ed energia alla capsula spaziale americana Orion. Per adesso, è stato annunciato nel corso di una conferenza stampa congiunta Esa-Nasa a Houston – cui hanno partecipato William Gerstenmaier, Nasa associate administrator per il volo umano, Thomas Reiter, direttore per il volo umano Esa, Mark Geyer, Orion Program manager e Bernardo Patti, Esa manager per la International Space Station – si tratta di realizzare soltanto un modulo di servizio, quello che verrà montato sulla Orion che volerà nel 2017 nel corso della missione senza astronauti a bordo EM-1, (Exploration Mission-1) in cui verrà collaudata la capsula in orbita lunare.
Forse – ma non è detto – c’è qualche possibilità di intesa anche per il secondo volo di test. Il modulo di servizio (naturalmente a perdere) per la capsula Orion dovrà fornire tutto quanto serve al volo spaziale della capsula, ovvero alimentazione elettrica, controllo termico e propulsori, ospitando inoltre al suo interno i serbatoi per i sistemi di bordo – propellenti, acqua, ossigeno, elio.
È decisamente una bella notizia, anche se l’accordo è ancora troppo ricco di incertezze e punti irrisolti. Nel corso dell’ultima ministeriale europea di Napoli era stato dato – molto a fatica, e con la forte opposizione di alcuni paesi membri dell’Esa – il via libera alla collaborazione con la Nasa, concretizzata nello scorcio iniziale del 2013. Una buona notizia, perché per la prima volta l’Europa dello spazio riesce a partecipare a un veicolo spaziale con un suo autonomo contributo tecnologico, largamente ispirato a quanto realizzato nel corso dell’esperienza dell’Atv, il modulo cargo orbitale. È molto positivo anche il fatto che questo contributo tecnologico europeo sarà destinato allo “spazio profondo”, e dunque concepito per reggere un viaggio lunghissimo come è andare verso la Luna, circumnavigarla, e tornare verso Terra. Non è il “solito viaggetto” in orbita bassa, per capirci.
Sull’altro piatto della bilancia, però, c’è appunto la grande incertezza che accompagna un’operazione che se vogliamo nasce in modo piuttosto “casuale” e con motivazioni molto terra terra. Per ragioni oggettive la Nasa non voleva più saperne dell’Atv, il cargo europeo che in effetti è di vecchia concezione. Con l’Atv noi europei “pagavamo” la nostra quota di utilizzo della Stazione Spaziale Internazionale, ma dopo il quinto veicolo (che sarà lanciato nel 2014) la storia di Atv si chiuderà. Dunque, in cambio dell’utilizzo dell’8% del tempo e delle risorse della Iss, l’Esa avrebbe dovuto sborsare alla Nasa circa 150 milioni l’anno. Piuttosto che pagare a vuoto soldi comunque dovuti, all’Esa si è pensato di provare a dare in cambio un modulo di servizio per la capsula Orion. La proposta di fornire il modulo di servizio, che pure ha un senso industrialmente parlando, è stata approvata “a termine”, visti anche i dissensi interni all’Esa sugli impegni (che significa finanziamenti da erogare con budget modesti e in calo, Gran Bretagna a parte) per la Stazione Spaziale dopo il 2017, per i quali serviranno 450 milioni. E non è chiaro neanche se è vero come dice qualche bene informato che dopo il primo volo l’Esa dovrà consegnare alla Nasa i diritti sull’intero progetto, che a quel punto verrebbe realizzato negli Usa, visto anche che dal punto di vista tecnologico il modulo di servizio, che verrà realizzato quasi sicuramente a Brema, in Germania, da Astrium, non prevede componenti particolarmente sofisticati.