Nel nuovo patto Telco, Telefonica non potrà esercitare l’opzione
di acquisto sulle azioni Telecom Italia spettanti agli altri soci
(Generali, Mediobanca e Intesa-Sanpaolo) che decidessero di
recedere dall’accordo nell’aprile 2011 o a scadenza,
nell’aprile del 2013.
E’ quanto risulta dalle condizioni esplicitate nelle
comunicazioni alla Sec sulle partecipazioni rilevanti inoltrate da
Mediobanca e Generali. “Si legge call, ma sembra piuttosto una
put – si legge sul Sole 24Ore -. L’opzione di acquisto garantita
a Telefonica sulle azioni Telecom Italia detenute da Telco di fatto
non scatta se i soci italiani non vogliono. La call concessa agli
spagnoli è stata sì confermata nel nuovo patto, ma in versione
depotenziata”.
Questo consente innanzitutto a Sintonia di rivendere sul mercato la
quota di Telecom che otterrà distaccandosi da Telco. Gilberto
Benetton ha precisato che la società cederà le azioni Telecom sul
mercato entro giugno, secondo quanto risulta al Sole, e l’Ad di
Generali, Giovanni Perissinotto, ha spiegato che il socio uscente
non sarà rimpiazzato. La nuova versione del call agreement, la cui
efficacia è stata prolungata fino al 27 aprile 2013, non esenta
però solo Sintonia, ma anche gli altri soci che decidessero di
recedere dal patto, mediante scissione da Telco, nell’aprile 2011
o a scadenza.
Come era in precedenza, l’opzione non sarà esercitabile dagli
spagnoli in presenza di Opa oppure di trasferimento in pegno delle
azioni a garanzia di finanziamenti. In pratica, spiega il Sole,
servirà a tutelare Telefonica solo nel caso in cui il consiglio di
Telco decida di vendere le azioni a terzi.
Intanto Telecom si prepara al consiglio del 2 dicembre, che, come
ha spiegato ieri il presidente Gabriele Galateri, farà il punto
della situazione in vista della chiusura dell’esercizio e
discuterà di “altre tematiche che sono sul tavolo in diversi
Paesi”: all’ordine del giorno, dunque, la questione di Telecom
Argentina, che l’Antitrust di Buenos Aires ha intimato di cedere.
Non si parlerà invece di piano industriale, né di investimenti
infrastrutturali, anche se il vice-ministro per le Comunicazioni,
Paolo Romani, ha rilanciato il progetto di una società della rete:
“Nessuno scorporo”, ha chiarito, “ma una newco in cui
intervengano i grandi player”.