“La pandemia ci ha mostrato alcune fragilità ma anche fatto percepire un possibile meccanismo di accelerazione dei processi che ci portano a digitalizzare il Paese, non significa solo fare una rete unica nazionale che è uno degli obiettivi del governo ma significa comprendere il significato de digitale”. Così il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli partecipando alla presentazione del Libro bianco sull’economia digitale.
“Sulla digitalizzazione l’Italia ha un grande ritardo e credo che il ruolo del governo sia quello di fissare degli obiettivi. La rete unica nazionale è uno di questi. Ritengo si possa dire che oggi l’accesso alla rete sia accesso alla democrazia, le infrastrutture materiali e immateriali sono un modo per garantire democrazia nel nostro Paese – ha spiegato – In questo contesto definire il ruolo che lo Stato deve giocare nelle rete unica è uno degli obiettivi che il governo deve fissare. Durante gli Stati Generali, molti, soprattutto nel mondo delle partecipate, sono venuti a offrire il proprio contributo per superare questo momento, mettersi a disposizione per essere centrali, offrire soluzioni anche in termini di digitalizzazione”.
Digital divide, Ripa: “Serve approccio tattico”
Secondo l’Ad di Open Fiber, Elisabetta Ripa, la strategia per accelerare la copertura dell’Italia con la fibra per chiudere il digital divide interno ma anche per recuperare il gap con l’Europa deve avere “un approccio tattico ma non populistico”. “Quando abbiamo iniziato a lavorare sul Libro Bianco si discuteva ancora se il Paese avesse davvero bisogno di un’infrastruttura in fibra ottica – ha spiegato commentando il Libro Bianco – oggi è chiaro a tutti che non solo è necessario superare e innovare la rete d’accesso che ha più di 70 anni ma anche che questo debba avvenire in tempi brevi e debba essere accompagnato dalla rapida adozione di tecnologie che sono peraltro già disponibili su un terzo del Paese”.
“Dobbiamo recuperare anni di ritardi che il nostro Paese ha accumulato, con investimenti limitati e inferiori alla media europea – ha ricordato Ripa – ma questi tre anni (in cui Open Fiber ha cominciato ad operare, ndr) hanno consentito di recuperare 10 posizioni nell’indice europeo sul livello di digitalizzaione (Desi), abbiamo ancora 4 punti percentuali da recuperare sulla media europea ma è alla nostra portata se continuiamo con il passo degli ultimi mesi”.
La manager ha evidenziato come la crisi sanitaria abbia reso ancora più chiara necessità del passaggio dal rame alla fibra e “di dotare il Paese in modo rapido ed efficace di una infrastruttura abilitante per la rivoluzione digitale”.
“Solo 4 mesi fa ci si chiedeva se fosse necessario il passaggio dal rame alla fibra e se questo fosse uno degli obiettivi di medio termine – ha evidenziato – Oggi credo sia chiaro a tutti, non solo agli addetti ai lavori, che è non solo necessario innovare una rete e una infrastruttura d’accesso che ha più di 70 anni con una rete d’accesso interamente in fibra ma anche che questo debba avvenire in tempi brevi e accompagnato da una rapida adozione di queste tecnologie che sono già disponibili su un terzo del paese”.
Open fiber è nata ” nel 2018 e in tre anni abbiamo portato la fibra in 8,5 mln abitazioni. Oggi siamo in 150 città ed è possibile avere i servizi in fibra abilitati da Open fiber e diventeranno 200 a fine anno e analogamente stiamo lavorando su aree che non erano di interesse degli operatori perché dobbiamo ricordarci che dobbiamo recuperare anni di ritardi accumulati dal paese nel passato, anni caratterizzati da investimenti limitati inferiori a media europea”.
Digital divide, Gubitosi: “Patto pubblico-privato”
La strategia dell’Ad di Tim Luigi Gubitosi punta a un patto “pubblico e privato per mostrare (nel digitale, ndr) un ranking più adeguato all’Italia”. Il manager commentando i dati Desi in occasione della presentazione del Libro Bianco sull’economia digitale, ha ricordato che il problema dell’Italia non è la connettività il problema quanto la mancanza di competenze digitali. “Per la connettività siamo nella media europea: la rete ha retto benissimo l’impatto Covid, sono 70 anni che viene migliorata – ha precisato il ceo di Tim rispondendo alla provocazione dell’ad di Open Fiber Elisabetta Ripa che punta sulla sostituzione della fibra al rame – abbiamo accelerato nello sviluppo dei cabinet, stiamo arrivando a 9mila in agosto e 14-15 mila a fine anno, e ripartiamo da Milano che ha sofferto molto sarà la prima città europea interamente coperta dal 5G”.
“La grande difficoltà è su capitale umano dove siamo ultimi: mancano competenze di base, processo che parte dalla scuola e per questo abbiamo creato Risorgimento Digitale”, l’iniziativa di formazione di Tim sottolinea Gubitosi. L’Italia può comunque essere protagonista nel digitale: “non c’è nessun destino già scritto, è nelle nostre mani: dipende da quello che vuole fare il paese – dice Gubitosi – ma dovremo fare sistema non solo a livello italiano ma livello europeo e sviluppare dove possibile una tecnologia comune” conclude facendo l’esempio di una delle grandi sfide del futuro, quella dei centri di calcolo.
Per quanto riguarda il piano di Tim, Gubitosi ha annunciato che 9mila cabinet saranno disponibili da agosto e e 14-15 mila a fine anno nelle aree bianche a fallimento di mercato. “A fine anno – ha aggiunto – quasi la metà delle aree bianche sarà coperta, inizia a essere un’alternativa”.
Il dibattito sulle rete unica
Il progetto di mettere insieme la rete di Tim e Open Fiber è al centro del dibattito politico-economico, polarizzato tra chi crede che l’operazione possa accelerare il roll out della banda ultralarga e chi teme danni alla concorrenza. Aiip, Associazione Italiana Internet Provider, lancia l’allarme proprio su questo secondo aspetto.
“È evidente la necessità di una pluralità di reti in concorrenza per l’accesso alla banda ultralarga e lo sviluppo digitale del Paese – puntualizza il presidente Giuliano Claudio Peritore – Se Internet è diventata in pochi anni quello che tutti abbiamo sotto gli occhi è per i suoi principi fondanti: la semplicità e l’interoperabilità fra una moltitudine di reti in concorrenza tra loro. Reti diverse possono garantire maggiore innovazione, diversificazione di servizi, resilienza anche a fronte di crisi come quella che stiamo vivendo e infine libertà di scelta per gli utenti.
“Riteniamo quindi necessaria ed auspicabile – aggiunge Peritore – la coesistenza di molteplici reti di accesso ad Internet, che non si cancellano con l’unificazione finanziaria di due reti come quella di Tim e di Open Fiber.”
Aiip sottolinea che sul territorio nazionale sono presenti numerose altre infrastrutture locali in fibra ottica, anche di significativa estensione, realizzate da operatori locali meno noti sulla stampa nazionale – molti dei quali rappresentati dall’associazione – che già oggi garantiscono servizi in banda ultralarga che si sono rilevati indispensabili in questo momento di crisi, garantendo servizi di accesso proprio in virtù della concorrenza tra le reti che può essere anche di tipo infrastrutturale, come avviene in quasi tutti i Paesi con i quali è giusto confrontare l’Italia.
Secondo Peritore inoltre, per velocizzare il processo di infrastrutturazione nazionale, è auspicabile che a livello territoriale si arrivi “a degli accordi di coinvestimento e collaborazione tra operatori nazionali e locali, al fine di evitare duplicazioni e valorizzando la capacità di investimento degli uni con la presenza e la conoscenza del territorio da parte degli altri”.
“E’ ormai imprescindibile, prosegue il manager – tenere in considerazione l’attività degli operatori locali in qualsiasi occasione di pianificazione di interventi pubblici volti a garantire la “Gigabit Society” nelle aree grigie, prevedendo la messa a gara di ambiti territoriali limitati, di estensione anche provinciale, per garantire il diritto alla partecipazione di operatori locali focalizzati sul territorio e dotati di adeguate economie di densità”.
In questo senso scenari di rete unica condurrebbero nuovamente verso “un’inopportuna situazione monopolistica, antistorica, con un danno enorme per tutti gli operatori concorrenti che con coraggio e capitali italiani hanno investito negli ultimi dieci anni in questo settore e ai danni dello stesso consumatore – sia privato che azienda”.
“E’ interesse del Paese che Internet, una rete di reti, possa continuare a crescere e svilupparsi in Italia senza che ne siano minati alla base i principi che ne sono il fondamento”, conclude Peritore.
L’analisi di Franco Bernabé
Anche se fossero sotto la stessa proprietà le due infrastrutture (quelle di Tim eOpen Fiber ndr.) sarebbero destinate a rimanere separate perché sono entrambe complete, dal backbone in avanti, ma realizzate con tipologia e architettura differenti. Non sono perciò integrabili: le linee che raggiungono le abitazioni partono da punti di accesso differenti”: Franco Bernabè apre un capitolo nuovo nel dibattito della newco delle reti e in una lunga intervista al Sole 24Ore, l’ex Ad di Tim ora alla presidenza di Cellnex, si dice contrario alla newco non tanto per ragioni “ideologiche” quanto per tutta una serie di questioni pratiche che rischierebbero di impantanare il progetto e di danneggiare entrambi gli attori in campo.
Il tema “tecnico” non è l’unico sul piatto. Secondo Bernabè il progetto di newco non s’ha da fare ed è ormai fuori tempo rispetto a quando, qualche anno fa, si aprì il tema dello scorporo della rete Tim. Tanto per iniziare, pur mettendo insieme le infrastrutture di Tim e Open Fiber “non si arriverebbe a una rete unica perché di reti in Italia ce ne sono altre”. E poi ci sarebbe da sciogliere il nodo Antitrust considerando che i player concorrenti non starebbero certo a guardare, con conseguenti lungaggini che già da sole rischiano di compromettere la fattibilità dell’iniziativa.
Determinante poi il “destino” di una Tim senza rete: “Sottraendo la rete a Telecom, il Governo si troverebbe a dover gestire la crisi di un’azienda come Telecom. Dunque se si considera la molteplicità dei problemi in gioco la soluzione della rete unica rischia di aggravarli anziché di risolverli”.
Le mosse del governo
Secondo quanto riportato da Repubblica nei giorni scorsi il Ministero dell’Economia ed il ministro Gualtieri starebbero spingendo per un accordo tra Tim ed Open Fiber. Il piano al vaglio di via XX Settembre prevede l’utilizzo di FiberCop come aggregatore per la creazione dell’infrastruttura, in cui confluirebbe anche l’80% della quota che Tim possiede di Flash Fiber.
Cdp si sarebbe già resa disponibile ad acquistare la quota del 50% che Enel detiene in Open Fiber: in questo modo avrebbe quindi il totale controllo della società, ma anche un pezzetto di FiberCop. L’idea sarebbe quella di offrire la rete a tutti gli operatori alternativi clienti di Open Fiber, con Cdp a garantire la terzietà.
Per Reuters, Tim intanto avrebbe tenuto dei colloqui con il fondo Kkr per la vendita del 40% della rete di rame e fibra secondaria o dell’ultimo miglio. L’offerta vincolante dovrebbe arrivare prima del 4 Agosto e “potrebbe vedere il fondo assumere una posizione significativa nell’infrastruttura del futuro su cui sta lavorando il Ministero del Tesoro”, scrive l’agenzia, che bilancerebbe la presenza di Kkr con la partecipazione di Cdp alla rete secondaria.