Mediamente, in un anno, le Pmi italiane spendono 2,9 miliardi per
le tlc su rete fissa e 2,6 miliardi per la rete mobile, per una
bolletta totale di 5,5 miliardi. Questi sono alcuni dati,
anticipati dal Sole 24 Ore, che emergono da uno studio di Cerved
Databank eseguito su 3mila aziende della piccola e media impresa.
Secondo lo studio, la spesa media annuale di una Pmi per la rete
mobile si aggira attorno ai 4.062 euro, mentre per la rete fissa la
bolletta segna 3.012 euro.
Per quanto riguarda la mobilità da una compagnia telefonica ad
un’altra lo studio rivela che il 13 per cento delle aziende
esaminate, nell’ultimo anno, hanno cambiato operatore di rete
fissa. La maggiore mobilità è stata rilevata in Piemonte,
Trentino Alto Adige, Sardegna e Lazio. Mentre per quanto riguarda
la rete mobile, sempre nell’ultimo anno, la migrazione di
operatore è stata effettuata dal 17 per cento delle Pmi. Le
regioni più dinamiche, con picchi de l 23 per cento, sono la
Campania, la Sardegna, la sicilia e l’Umbria.
I gestori telefonici sono consapevoli dell’importanza di
conquistare, con i propri pacchetti, le Pmi, che rappresentano una
fetta molto importante del mercato. Ogni gestore tenta di
conquistare le aziende con offerte su misura. Per esempio, Telecom
punta sui tablet, Vodafone consente di fatturare telefonate ed sms
di lavoro separatamente da quelli personali e Brtish Telecom, da
anni, si è concentrata quasi esclusivamente sulle aziende.
La sfida alla fidelizzazione dei clienti, per la rete fissa è
ampiamente vinta da Telecom che possiede una quota di mercato del
71 per cento, ma la soddisfazione maggiore per i servizi di tlc
fissa è stata manifestata per il gruppo Wind/Infostrada. Mentre
per la rete mobile è Vodafone che riesce a fidelizzare un numero
maggiore di Pmi. Ma “la difficoltà a fidelizzare la propria
clientela caratterizza nella stessa misura tutti gli operatori di
telefonia mobile. Una tendenza dimostrata anche dagli elevati
livelli si switching: nell’ultimo anno, tutti gli operatori,
hanno perso un cliente su cinque. Le criticità – spiega
Alessandra Romanò, direttore operativo di Databank – sono legate
soprattutto alle difficoltà nel contattare l’azienda e il
rapporto qualità/prezzo percepito”.