Il Fondo strategico italiano (Cdp) ha deciso di puntare sul progetto in fibra ottica di F2i Reti Tlc la società che detiene il 61,4% di Metroweb e che fa capo al fondo F2i. Ma l’ultima parola spetta Intesa-Sanpaolo. Il secondo azionista della “newco” sulla fibra, in quota con il 12,5% in Reti Tlc (l’87,5% è in campo a F2i), dovrà infatti dare il suo ok al progetto annunciato ieri. Ma l’approvazione non è affatto scontata. Intesa Sanpaolo nel suo ruolo di azionista di Telco, la holding che detiene il controllo di Telecom Italia ha una bella gatta da pelare: dare il proprio benestare al progetto di Metroweb potrebbe voler dire in qualche modo fare uno “sgarbo” a Telecom Italia. L’iniziativa lanciata da Gamberale lo scorso anno alla convention caprese di Between inizialmente era stata accolta con favore dalla stessa Telecom Italia che aveva considerato il “veicolo” un’alternativa possibile al tavolo Romani.
Ma nel corso dei mesi la situazione è cambiata. Se è vero che ieri l’Ad di Cdp Giovanni Gorno Tempini ha sottolineato l’intendimento di “lavorare il più possibile sinergicamente con Telecom Italia su un’infrastruttura strategica per il Paese”, di fatto i due progetti (quello di Reti Tlc da un lato e quello di TI dall’altro) per il momento continuano a marciare separatamente. E a quali sinergie si riferisca Tempini non è dato sapere. E la stessa Telecom Italia ha preferito non commentare l’entrata in scena del Fondo strategico italiano in Reti Tlc con un aumento di capitale di 200 milioni, che fa salire al 46,2% la quota azionaria e che soprattutto porta risorse per la realizzazione del piano Metroweb (è stata annunciata anche un’opzione per investire ulteriori 300 milioni). I
rapporti fra Telecom Italia e la creatura di Vito Gamberale si sarebbero incrinati nel corso dei mesi. E non è un caso se l’annunciato accordo sulla cablatura verticale degli edifici siglato lo scorso novembre non è stato finora finalizzato. Il presidente esecutivo di Ti, Franco Bernabè, aveva inoltre sottoposto al vaglio della Cdp un’ipotesi di sperimentazione di iniziative pubblico-private sul modello Trento da replicare in altre città (Bergamo e Brescia quelle individuate subito). La Cdp però non solo non si è espressa in merito ma ha deciso di “virare” verso il progetto di Gamberale. Decisione che lascia però aperte molte questioni: il ritorno degli investimenti del piano Gamberale – che punta a cablare le principali 30 città italiane portando la fibra fino alle abitazioni – è stimato in oltre un ventennio, mentre quello di Telecom Italia che marcia di pari passo e coinvolge più o meno le stesse città almeno in fase iniziale, garantisce un Roi di circa 8 anni grazie all’impiego in mix della fibra e del vectoring (tecnologia quest’ultima da utilizzare per amplificare il segnale dagli armadietti alle abitazioni). Inoltre i due progetti si sovrappongono generando un’inevitabile duplicazione delle risorse. La Cdp inoltre va ad investire risorse nelle aree nere, quelle ad alta redditività i cui investimenti sono demandati agli operatori stando alle indicazioni della Commissione Ue. Mentre restano fuori dalla partita quelle bianche e grigie dove l’iniezione di fondi pubblici è prioritaria per spingere gli investimenti ed evitare un “gap” pericoloso e in contraddizione con gli obiettivi dell’Agenda digitale.
“Sul porgetto Metrowrb l’ideale è che si trovi un accordo con Telecom Italia – commenta il responsabile del Forum Ict del Pd Paolo Gentiloni -. Bisogna portare la banda ultralarga in città diverse”. Ma Gentiloni aggiunge anche che “non c’è nessuno scandalo in merito alla decisione di Cdp di finanziare il progetto del fondo di Gamberale”.
L’ultima parola spetta dunque ad Intesa Sanpaolo che dovrà valutare la fattibilità di un progetto – quello di Reti Tlc – i cui ritorni sono nell’ordine del lunghissimo periodo.