"Basta con le chiacchiere. È ora di sbloccare i fondi per la
banda larga. E servono subito 200 milioni di euro". Il
messaggio al governo, anzi per l’esattezza al ministro
dell’Economia Giulio Tremonti, porta la firma di Stefano Pileri,
presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici
(Cist).
Presidente, 200 milioni sono sufficienti?
Sì, lo sono per il 2010. Poi serviranno gli altri 600 milioni da
ripartire equamente fra il 2011 e il 2012. Ma intanto è necessario
che il Cipe sblocchi le risorse necessarie ad avviare i progetti
per l’anno in corso. Ma il tempo che resta è davvero poco:
allocare i soldi non fa rima con immediato roll out delle
iniziative. Ci sono i tempi tecnici, e si tratta di mesi, legati
alla messa a gara dei fondi da parte di Regioni e Infratel.
Insomma, se non ci muove subito anche il 2010 sarà archiviato con
un nulla di fatto.
Cosa si può fare concretamente con un quarto delle risorse
promesse?
Si può intervenire su mille centrali. E non è cosa da poco se si
considera che sono in totale 3.900 quelle da aggiornare
nell’ambito del Piano Romani. Le aziende di Tlc sono pronte a
scendere in campo, ma sono di fatto bloccate dal congelamento dei
fondi e ciò crea incertezza nella messa a punto delle politiche di
investimento. Telecom Italia, ad esempio, non ha ancora inserito
nel proprio piano investimenti i 270 milioni che rappresentano la
fetta del Piano Romani (da 1471 milioni di euro, ndr) a carico
delle aziende.
Ma Tremonti dice che c’è la crisi e che bisogna
aspettare la ripresa.
La crisi c’è, è evidente. E pesa sulle decisioni del governo.
Ma non erogare le risorse oggi, che ripeto sarebbero concretamente
disponibili fra mesi, significa perdere un’occasione di rilancio
dell’economia stessa e bloccare le aziende di Tlc per oltre un
anno. Fra l’altro i ministri Scajola (Sviluppo economico, ndr.) e
Brunetta (PA e Innovazione, ndr.) si sono spesi più volte a favore
dello sblocco dei fondi, accompagnati da un nutrito schieramento di
parlamentari. Non si capisce dunque la ragione reale di questa
impasse. Il Piano anti-digital divide italiano è in linea con
quelli dei maggiori Paesi europei. Ma gli altri stanno procedendo
con l’attivazione dei programmi mentre noi restiamo indietro. E
c’è da chiedersi come farà il governo, senza adeguate
infrastrutture, a sostenere il progetto di riforma della PA che fa
leva soprattutto sul piano E-gov 2012. Brunetta ha un’arma
spuntata e sarà difficile che riesca a portare avanti il suo
programma. Penso, ad esempio, alle ricette mediche digitali: senza
connessioni a banda larga l’iniziativa si annacqua
inevitabilmente….
FULL STORY NEL NUMERO 7 DEL
CORRIERE DELLE COMUNICAZIONI IN USCITA LUNEDì 5
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