Calma piatta in casa Poste per quel che riguarda il business Tlc: i ricavi da servizi telco sono in calo dell1% a 328 milioni e la base clienti si attesta a 4,8 milioni. È quanto emerge dalla presentazione dei risultati preliminari 2024. Ma la società guidata da Matteo Del Fante, appena salita al 9,81% in Tim rilevando la quota in capo a Cassa depositi e prestiti che a sua volta ha acquisito l’intera partecipazione detenuta da Poste in Nexi – pari al 3,78% – guarda al futuro con ottimismo proprio sul fronte Tlc. “Nell’ambito della telefonia proseguirà l’impegno nella proposizione di nuovi prodotti e servizi integrati con un focus sulle evoluzioni della Postepay Connect. Inoltre, il recente ingresso nella compagine azionaria di Telecom Italia Spa da parte di Poste Italiane abilita l’evoluzione dei rapporti commerciali tra le due società e mira a creare sinergie e favorire il consolidamento del mercato nazionale delle telecomunicazioni”, si legge nella relazione finanziaria. E Del Fante durante la call con gli analisti ha detto: “La parte caratterizzante di questa operazione è essere un partner industriale e questo si applica a Tim e poi vogliamo poter trarre sinergie. Le sinergie sono molto facili da percepire quando parliamo di costi, e stiamo lavorando per cogliere i primi risultati facili da realizzare, e questo potrebbe essere qualcosa di positivo anche per Tim, ma ci possonno essere occasioni aggiuntive e ulteriori. Quindi con piena fiducia nel managment stiamo lavorando per poter trarre sinergie in termini di costi”.
Poste salirà ancora in Tim?
Stando a indiscrezioni la società punterebbe ad aumentare ulteriormente la propria quota in Tim (a tal proposito Del Fante ha detto “molti rumors non ho nulla da aggiungere”) con l’obiettivo di avere maggior peso in future trattative – la partita Iliad non è chiusa- e sarebbe prossimo un accordo che consenta a Poste Mobile di sfruttare la rete mobile di Tim, prima ancora che un accordo distributivo per consentire a Tim di sfruttare la rete distributiva di Poste Mobile. “In questo scenario – scrivono gli analisti di Intermonte – ci attendiamo che l’Autorità Antitrust faccia piena luce sul quadruplice rapporto prospettico tra le due società, con Poste che nei confronti di Tim assumerebbe simultaneamente il ruolo di fornitore (tramite la rete distributiva), cliente (per l’accesso alla rete Mvno), azionista e concorrente nel segmento mobile”. E secondo Milano Finanza i concorrenti starebbero affilanco le armi per valutare proprio ricorsi all’Antitrust per potenziali distorsioni della concorrenza, anche se al momento Poste non ha alcun potere di governance in Tim.
La questione del consolidamento
Sebbene l’ingresso di Poste in Tim abbia sparigliato le carte resta aperto il dossier Iliad. La telco guidata da Benedetto Levi ha manifestato il proprio interesse e addirittura in ballo ci sarebbe una quota fino al 35%. Se però le trattative, al netto dell’entità della quota, non dovessero andare in porto ci si troverebbe inevitabilmente in stallo: l’unico consolidamento possibile in Italia è quello fra Tim e Iliad che riporterebbe a tre a cinque il numero di operatori sul mercato per effetto anche della fusione Fastweb-Vodafone. Più che improbabile una virata di Iliad su WindTre anche se alcuni analisti non la escludono ma sarebbe un’operazione che non porterebbe decisivi vantaggi a Iliad considerato che la vera porzione “pregiata” di Tim sono le attività enterprise e che dunque la partita non si può giocare solo sul consumer.