L'inserimento delle aziende dell'ex polo elettronico
dell'Aquila nel piano per il riavvio di alcuni bacini
industriali in crisi nel nostro Paese e lo sblocco dei
finanziamenti destinati al progetto della banda larga che, in
parte, potrebbero ricadere sulle imprese locali. È quanto chiedono
la Fim-Cisl e la Ust-Cisl dell'Aquila in una lettera
indirizzata al ministro dello Sviluppo economico, Claudio
Scajola.
“Le aziende dell'ex polo elettronico chiedono di poter
entrare a pieno titolo nella partita della banda larga – si legge
nella lettera -. Come Lei è bene a conoscenza, la
deindustrializzazione nel nostro territorio è iniziata nel 2000
con il disimpegno di Siemens, che al tempo occupava 3mila
dipendenti. Ad oggi ancora paghiamo, con cassa integrazione e
mobilità, lo scotto della cancellazione dell'elettronica dal
bacino industriale aquilano”.
La Fim-Cisl e la Ust-Cisl ricordano come “gli accordi
sottoscritti nel marzo 2003 presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, alla presenza del sottosegretario Gianni Letta e il
successivo intervento di Sviluppo Italia, siano risultati
provvedimenti nulli a bloccare l'emorragia occupazionale.
Attualmente circa 1800 lavoratori del polo elettronico sono in
mobilità o cassa integrazione”.
Una situazione proseguono i sindacati “aggravata dal sisma del 6
aprile scorso, che ha provocato la chiusura di circa 8mila
attività commerciali e artigianali e l'avvio della cassa
integrazione per 16mila lavoratori”. Uno scenario che la Cisl
definisce gravissimo. “È indispensabile l'inserimento del
comprensorio aquilano nei bacini in crisi. Il Governo e'
chiamato a focalizzare sull'Aquila l'attenzione e gli
investimenti previsti nel progetto della banda larga – rimarcano
i sindacati -. Il Capoluogo abruzzese era già coinvolto in un
processo di deindustrializzazione, che il sisma ha indubbiamente
accelerato”. Infine si chiede al ministro un impegno personale
“unitamente a quello dell'intero Governo, che il territorio
attende da tempo e che oggi ha l'occasione per
concretizzarsi”.