“Nicola D’Angelo ha ragione: Agcom non è stata coinvolta nella partita Telecom/Telefonica. Ma alla domanda nel titolo del suo intervento pubblicato nel numero dell’11 novembre del Corriere delle Comunicazioni “Dov’è Agcom?” rispondo subito. È al suo posto e sta lavorando sodo”.Con queste parole il commissario Agcom Antonio Preto “risponde” con un intervento sul nostro sito all’articolo dell’ex commissario Nicola D’Angelo pubblicato sul nostro giornale.
“L’Autorità Nazionale di Regolazione delle comunicazioni elettroniche, nel pieno rispetto del suo ruolo istituzionale, sta, infatti, definendo le regole nei mercati dove Telecom Italia opererà con un nuovo assetto proprietario e, probabilmente, con un nuovo modello di offerta.
Efficienza della rete, investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Digitale, golden power e futuri assetti regolamentari (i quali ultimi, come sottolinea giustamente D’Angelo, ricadono nella esclusiva competenza dell’Autorità e hanno un’influenza determinante sul mercato di riferimento di Telecom): sono tutti temi che non hanno visto l’Agcom coinvolta nelle discussioni di queste settimane.
È stata persa l’occasione per fare gioco di squadra, avvalendosi di un organo di altissima qualificazione tecnica, riconosciuta a livello mondiale e punto di riferimento in Europa. E, forse, non è un caso.
Durante il convegno di Confindustria Digitale, il 21 ottobre scorso, infatti, è emersa pubblicamente la posizione del Governo diretta a favorire l’apertura del nostro mercato, la creazione di campioni europei e a ridurre il ruolo dei regolatori nazionali a vantaggio di una centralizzazione dei poteri a Bruxelles.
Sul tema, l’Agcom ha una sua posizione. Il Berec, l’organismo che unisce i regolatori europei e di cui Agcom è membro molto attivo, ha espresso un parere assai critico nei confronti delle misure proposte dalla Commissione in tema di mercato europeo. Secondo il Berec, essa realizzerebbe una centralizzazione dei poteri in capo alla Commissione europea senza alcuna reale giustificazione e, anzi, in palese contrasto con il principio di sussidiarietà. Restano, inoltre, tutte le perplessità legate alla tempistica scelta: troppo a ridosso delle recenti riforme del quadro regolamentare, come nel caso del regolamento 531/2012 sul roaming.
Ricordo che Agcom attende di essere consultata anche sul decreto che provvede alla definizione del golden power in materia di Telecom, in particolare sul regolamento recante l’individuazione delle attività di rilevanza strategica, secondo l’articolo 2, comma 1, del decreto legge 15 marzo 2012, n. 21.
Quanto allo scorporo, già a partire dal 30 maggio scorso, abbiamo tempestivamente condotto le analisi preliminari della proposta di Telecom Italia. Il presidente Angelo Cardani, in occasione della relazione annuale dell’Autorità al Parlamento, ha manifestato il nostro grande interesse per questa iniziativa.
Il 25 luglio scorso, dopo aver riconosciuto la serietà (sic!) della proposta di scorporo, chiedemmo a Telecom Italia un’integrazione all’informativa per poter avviare un’analisi coordinata dei mercati dell’accesso.
Integrazione che non è mai arrivata; e ora, dopo il cda Telecom del 7 novembre tutti hanno capito perché. Lo scorporo, ad oggi, sembra non si farà, nonostante il favore espresso da Agcom.
Esso verrebbe abbandonato per un modello più vicino all’Openreach britannico. Con la cosiddetta Equivalenza degli Input (EoI) avremmo il sistema in teoria più sicuro per ottenere una protezione efficace contro la discriminazione, poiché tutti, anche la divisione commerciale dell’operatore verticalmente integrato, avrebbero accesso agli stessi servizi wholesale alle stesse condizioni.
Qualcuno ha definito l’EoI il Santo Graal della regolamentazione; io penso che per arrivarci occorra esser pronti a percorrere una dolorosa via crucis. Realizzare l’EoI richiede tempi lunghi e investimenti elevati per Telecom e gli Olo e non è detto che tale sistema sia anche in grado di offrire servizi di qualità più elevata (Openreach docet). La stessa Commissione europea ritiene che convenga adottare l’EoI per i nuovi servizi in fibra mentre, nel caso rame, i costi di realizzazione dell’EoI sarebbero superiori rispetto ai benefici per il mercato.
Con l’analisi dei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa per il prossimo triennio (2014-2016) dovremo quindi valutare l’introduzione dell’EoI almeno per l’offerta wholesale dei servizi in fibra così come suggerito dalla Commissione.
Rimane aperto il capitolo degli investimenti. Bisogna dare all’Italia una rete efficiente, in grado di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Digitale.
Il problema degli investimenti si pone soprattutto nei territori lontani dalle profittevoli aree urbane. La Commissione, nella Raccomandazione dell’11 settembre 2013, ha proposto la seguente formula: il prezzo dei servizi in rame, come l’unbundling, deve essere tale da sostenere il finanziamento delle reti in fibra. Ma questo rischia di danneggiare i concorrenti che acquistano unbundling dall’incumbent e soprattutto di tenere elevati i prezzi dei servizi tradizionali in rame ancora largamente utilizzati dai consumatori finali.
La Commissione parte dall’assunto che deve essere l’operatore incumbent a realizzare l’infrastruttura in fibra (essendo l’unico a vendere i servizi in rame all’ingrosso). Il Parlamento Europeo, in due diverse risoluzioni, il 12 settembre e il 24 ottobre scorso, ha assunto una posizione molto diversa che condivido pienamente: è la concorrenza che stimola gli investimenti. Tutti gli operatori devono essere messi in condizione d’investire. E, dove è necessario, bisogna intervenire con risorse pubbliche europee combinando quel poco che è rimasto del Connecting Europe Facility con parte dei Fondi strutturali.
Di tutto questo siamo sempre pronti a parlarne con Governo e Parlamento”