IL PARERE

Privacy, Garanti Ue: “Per le app serve il consenso”

Il parere adottato dalle authority europee richiama sviluppatori e produttori agli obblighi su informativa e consenso riguardo l’archiviazione dei dati sui device. Antonello Soro: “Più garanzie per gli utenti”

Pubblicato il 14 Mar 2013

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Per le app serve il consenso. È questo il punto saliente del parere adottato Autorità europee per la protezione dei dati, riunite nel “Gruppo Articolo 29”, che esamina i rischi fondamentali per la protezione dei dati derivanti dalle applicazioni per terminali mobili. Nel parere sono indicati gli obblighi specifici che, in base alla legislazione Ue sulla privacy, sviluppatori, ma anche distributori e produttori di sistemi operativi e apparecchi di telefonia mobile, sono tenuti a rispettare. Particolare attenzione viene posta nel parere alle applicazioni rivolte ai minori.

Nel dettaglio, il documento individua precise raccomandazioni e obblighi, evidenziando che la protezione di dati personali degli utenti e la relativa sicurezza sono il risultato di azioni coordinate di sviluppatori, produttori dei sistemi operativi e distributori (“app stores”) che devono durare nel tempo. In particolare, sono richiamati gli obblighi sull’informativa e sul consenso riguardo all’archiviazione di informazioni sui terminali degli utenti, nonché per l’utilizzo da parte delle app di dati di localizzazione o delle rubriche dei contatti. Si raccomandano inoltre alcune “buone pratiche” che devono intervenire sin dalle fasi iniziali di sviluppo delle app, quali l’impiego di identificativi non persistenti, in modo da ridurre al minimo il rischio di tracciamenti degli utenti per tempi indefiniti, la definizione di precisi tempi di conservazione dei dati raccolti, l’impiego di icone “user friendly” per segnalare che specifici trattamenti di dati sono in corso (ad es. dati di geolocalizzazione). In caso di app rivolte specificamente ai minori, si ribadisce la necessità del consenso dei genitori.

I Garanti sottolineano, infine, la necessità di una più efficace assistenza all’utente mediante la designazione di “punti di contatto” presso gli “stores” che consentano agli utenti di risolvere in modo rapido problemi legati al trattamento di dati personali da parte delle app installate.

Chi possiede uno smartphone ha normalmente attive in media circa 40 applicazioni. Queste applicazioni sono in grado di raccogliere grandi quantità di dati personali: ad esempio, accedendo alle raccolte di foto oppure utilizzando dati di localizzazione. “Spesso tutto ciò avviene senza che l’utente dia un consenso libero ed informato, quindi in violazione della legislazione europea sulla protezione dei dati – afferma il Presidente dell’Autorità italiana per la privacy, Antonello Soro – La nostra Autorità ha dato un contributo significativo all’elaborazione del parere. Le app sono sempre più diffuse e il loro uso, senza un’adeguata definizione di garanzie e misure a tutela dei dati personali, può comportare rischi per gli utenti che le scaricano. Per questo è fondamentale muoversi in tempo”.

Gli smartphone e i tablet contengono grandi quantità di dati molto personali che riguardano direttamente o indirettamente gli utenti: indirizzi, dati sulla localizzazione geografica, informazioni bancarie, foto, video. Smartphone e tablet sono, inoltre, in grado di registrare o catturare in tempo reale varie tipologie di informazioni attraverso molteplici sensori quali microfoni, bussole o altri dispositivi utilizzati per tracciare gli spostamenti dell’utente. Anche se l’obiettivo degli sviluppatori è rendere disponibili servizi nuovi e innovativi, le app possono comportare rischi significativi per la privacy e la reputazione degli utenti.

La legislazione sulla privacy Ue prevede che ogni persona ha il diritto di decidere sui propri dati personali. Le applicazioni, dunque, per trattare i dati degli utenti devono prima fornire informative adeguate, in modo da ottenere un consenso che sia veramente libero e informato. Un altro rischio per la protezione dei dati deriva misure di sicurezza insufficienti. Insufficienza che può comportare trattamenti non autorizzati di dati personali a causa della tendenza a raccogliere quantità sempre più consistenti di informazioni e della elasticità e genericità degli scopi per i quali queste vengono raccolte, ad esempio a fini di “ricerche di mercato”. Tutto ciò aumenta la possibilità di violazioni dei dati.

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