La banda larga “moneta” di scambio tra l’Italia e la Ue sullo stop alla procedura di infrazione per deficit eccessivo. Nel testo elaborato dalla Commissione si raccomanda al nostro al paese di “potenziare la capacità infrastrutturale, concentrandosi nelle telecomunicazioni, sulla banda larga ad alta velocità, tra l’altro al fine di superare le disparità tra Nord e Sud”.
La Commissione Ue ha chiesto ufficialmente di abrogare la procedura per deficit eccessivo contro l’Italia. Un risultato – si tramuterà in 12 miliardi di risorse per l’anno prossimo – del quale il presidente del Congilio, Enrico Letta, attribuisce il merito allo “sforzo sostenuto da tutti gli italiani, che devono essere orgogliosi”. Da Letta arriva anche un ringraziamento al suo predecessore: “Raccogliamo il frutto del lavoro dei precedenti governi, in particolare di quello presieduto da Mario Monti, al quale va il mio personale ringraziamento. Quanto all’attuale esecutivo, l’impegno è quello di rispettare gli obblighi assunti in sede europea e di applicare il programma sul quale il parlamento ha votato la fiducia”. D’altra parte è lo stesso presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, a tenere alta la tensione: “A causa del debito molto elevato non possiamo dire che l’Italia deve rallentare gli sforzi, negli ultimi mesi ha perso quote di mercato e manca ancora di competitività ma ci sono le condizioni per recuperare”.
Nella nota ufficiale, l’esecutivo europeo indica che la procedura per l’Italia è stata lanciata nel 2009 e che dopo aver raggiunto il 5,5% del Pil, il deficit ha raggiunto il 3% nel 2012, “cioè entro il termine fissato dal Consiglio” si ricorda nella nota della Commissione. “Secondo il programma di stabilità 2013-2017, adottato dal governo italiano il 10 aprile 2013 e approvato dal Parlamento italiano il 7 maggio, nel 2013 il disavanzo registrerà una leggera diminuzione al 2,9% del Pil, per poi scendere all’1,8% del Pil nel 2014. Nell’ipotesi di politiche invariate, le previsioni di primavera 2013 dei servizi della Commissione indicano un disavanzo del 2,9% del Pil nel 2013 e del 2,5% del Pil nel 2014, ossia inferiore al valore di riferimento indicato nel trattato (3% del Pil)”. Ora l’ultima parola spetta all’Ecofin, ma è un passaggio solo formale