Prysmian conferma l’intenzione di chiudere lo stabilimento Fos (Fibre ottiche sud) di Battipaglia (Sa), in cui sono impiegati circa 300 dipendenti. Spiegando le ragioni della scelta, la società parla di “insostenibilità del business” dovuta a un “costo della produzione” della fibra ottica “pari al doppio del prezzo di mercato”.
La decisione arriva a pochi giorni dal raggiungimento di un accordo per l’acquisizione di Warren & Brown Technologies, società australiana specializzata nei prodotti di connettività per le reti telecom, e dal takeover da 3,9 miliardi di euro nei confronti di Encore Wire, negli Usa. Entrambe le operazioni sono parte della strategia “Connect, to Lead”, che punta a trasformare il gruppo in un solution provider globale in grado di guidare la transizione energetica e la trasformazione digitale. Da questa prospettiva, però, sembra per l’appunto essere escluso lo stabilimento Fos.
La crisi dell’impianto Fibre ottiche sud
A Battipaglia la produzione attualmente è sospesa e i dipendenti sono in cassa integrazione. Dopo aver valutato “tutte le possibili soluzioni alternative”, Prysmian “è giunta alla determinazione di avviare le attività procedurali prodromiche per cessare tutta la propria attività di produzione della fibra ottica e di procedere conseguentemente alla chiusura dello stabilimento” da cui “la possibilità, in caso mancata individuazione di auspicate soluzioni alternative, di licenziamento del personale ivi occupato”, si legge nelle risposte predisposte dal gruppo.
All’origine della crisi, precisa Prysmian, ci sono due fattori, uno congiunturale, legato al generale calo di domanda di fibra ottica da parte del mercato, e uno strutturale, connesso ai costi di produzione, che a Battipaglia sono pari a circa il “doppio del prezzo di mercato” e scontano la concorrenza della fibra asiatica, meno costosa e di bassa qualità. “Lo chiudiamo”, aggiunge la multinazionale, “perché, alla luce dei prezzi di mercato impostati dai concorrenti asiatici, Battipaglia è strutturalmente non-competitivo, quindi insostenibile”.
Della crisi di Fos si sta occupando anche il Mimit, che, in occasione del tavolo di crisi dello scorso 15 febbraio, ha fatto sapere di avere in corso “tre interlocuzioni per il rilancio del sito” con “due realtà straniere e una nazionale, attive nel settore della fibra ottica. Siamo fortemente impegnati nell’individuare una soluzione per il futuro dello stabilimento produttivo, salvaguardando un’attività ad altissimo valore strategico a cui non intendiamo rinunciare”, aveva dichiarato allora il ministro Adolfo Urso.
Il crollo dei prezzi e l’appello per una politica di sostegno
Per parare i colpi della crisi Prysmian ha provato a chiedere “ai vari governi” succedutisi negli ultimi anni “supporto” per introdurre l’obbligo di utilizzo della fibra di alta qualità A2 (come quella prodotta a Battipaglia) sul mercato italiano, per investimenti a fondo perduto per l’esecuzione di piani di recupero di efficienza costo al km e per benefici a fondo perduto per riduzione costo energia.
“Purtroppo non abbiamo riscontrato concrete risposte”, mentre “il nuovo crollo dei prezzi della fibra, la crescita dei costi dell’energia e di alcuni materiali e la mancanza di un mercato di sbocco” per i prodotti di più alta qualità di Battipaglia “ha condotto alla situazione attuale in cui la continuità dello stabilimento non è più strutturalmente sostenibile“.
Prysmian sottolinea anche che “le commesse francesi ci premiano perché, a differenza dell’Italia, le autorità e i clienti francesi hanno da sempre promosso fibra di livello tecnologico superiore per garantire una qualità d’infrastruttura superiore con l’effetto di contenere la competitività asiatica con fibra di basso livello”.
In Italia invece “le autorità e i clienti non hanno fatto altrettanto in quanto non hanno promosso la fibra di classe A2 low loss, permettendo quindi l’ingresso di fibra a basso costo di origine asiatica nel nostro mercato; questo”, conclude Prysmian, ha peggiorato ulteriormente la competitività dello stabilimento di Battipaglia”.