La Cina avvia un’indagine su Qualcomm, chipmaker statunitense, per una possibile violazione delle leggi anti-monopolio. Un caso? No. Nel Paese asiatico c’è grande attesa per il debutto del 18 dicembre del 4G ad opera di China Mobile. (prime città a essere coinvolte Pechino, Guangzhou e Chongqing). Ed è da qui che si deve partire per far luce sulla mossa del regolatore che si prefigura come un passo nella mega-battaglia dell’Lte.
La Commissione per la Riforma e lo Sviluppo nazionale della Cina (Ndrc) ha comunicato ieri di aver già avviato le indagini, precisando però che i contenuti “sono confidenziali”. Qualcomm ha fatto capire di essere stata colta di sorpresa. “L’azienda – si legge in un comunicato – non è a conoscenza di alcuna regola della Ndrc che possa aver violato in chiave anti-monopolistica. Continueremo a collaborare con la Ndrc – prosegue il testo – mentre conduce la sua inchiesta confidenziale”.
La Repubblica popolare cinese è il principale mercato per Qualcomm, tuttora leader mondiale incontrastata dei brevetti per wireless Ip (anche se il dominio è in diminuzione). Nell’ultimo anno fiscale le revenue realizzate nel Paese asiatico hanno rappresentato il 49% del totale grazie all’elevato utilizzo dei suoi chipset da parte dei produttori cinesi di componenti. Ma la crescita potrebbe impennarsi con il lancio del 4G. O almeno, Qualcomm ci conta, dato che China Mobile è il maggior operatore mobile mondiale per numero di utenti con circa 715 milioni di abbonati. Oltretutto finora China Mobile si era servita, per il 3G, di tecnologie domestiche.
L’indagine del regolatore si prefigura a questo punto come il tentativo di mettere un freno all’espansione dell’americana Qualcomm e aprire la strada all’industria nazionale del chip acquisendo allo stesso tempo i titoli per negoziare a prezzi accessibili i brevetti per la tecnologia “cuore” del 4G. “La Cina intende garantire maggiore vantaggio – sostiene Gus Richard, analista di Piper Jaffray & Co – ai chipmaker locali”.
Peraltro già in passato il governo di Pechino si era dato da fare per cercare di contenere o bloccare l’espansione di aziende straniere sul suolo nazionale. Il mese scorso Samsung ha dovuto scusarsi dopo essere stata accusata dai media statali di aver venduto dispositivi di qualità scadente, e un analogo episodio era avvenuto a marzo con Apple per protagonista.