Per dirla con lessico gergale, “tirano” molto; ma quello degli
smartphone può veramente essere considerato un mercato di per se
stesso, capace di autogenerarsi indipendentemente dal comparto
della telefonia mobile generalmente inteso?
Secondo le analisi più recenti, ad esempio un lavoro portato
avanti da Strand Consulting, sembra sia più no che sì.
E questo nonostante da più parti si abbiano ferme convinzioni
circa l’indipendenza e l’autonomia del mercato degli
smartphone, su come esso sia ad oggi autonomamente strutturato ed
in quale modo si stia sviluppando, vale a dire secondo il traino
della domanda che si ha proprio per questo tipo di prodotto. A
prima vista il mercato degli smartphone pare dunque dotato di vita
propria.
Ma che vita? Se si misurano le vendite al dettaglio e le quote
occupate, non c’è dubbio che l’iPhone sia un piccolo
importante player operante sul mercato. E non vi è dubbio sul
fatto che il suo posizionamento nel mercato degli smartphone sia di
tutto rilievo. Ma il peso è ancora relativamente leggero, se lo si
paragona con l’insieme del mercato dei cellulari globalmente
inteso.
Quando si parla di smartphone molti player del settore tendono a
focalizzarsi sul segmento come un mercato a sé stante (perché
conviene loro questo punto di vista?, direbbero i maligni), con un
proprio tasso di crescita e con dinamiche tecnologiche, economiche
e sociali ben distinte da quelle che coinvolgono la “vecchia”
telefonia mobile.
Eppure, accade che solo pochi clienti acquistano uno smartphone
consapevolmente e fruiscano delle tipiche funzioni “smart”.
Accade infatti che la maggior parte degli acquirenti sia
semplicemente alla ricerca di un cellulare “smart” ad un prezzo
per loro ragionevole. Non sembra azzardato affermare che nella
maggior parte dei casi il fatto che un cliente finisca col comprare
uno smartphone piuttosto che un normale telefonino sia abbastanza
casuale.
Calandoci nella realtà di tutti i giorni, se si osserva
attentamente quanto sono diffusi sul mercato i cellulari Nokia
basati sulle serie 30 (45%), serie 40 (40%) e serie 60 (15%) e se
si considerano altresì l’attenzione che Nokia dedica alla
tecnologia Gps dopo l’acquisto di Navteq e la sua focalizzazione
degli ultimi mesi su musica e applicazioni, non v’è dubbio che i
telefoni che oggi sono basati sulla serie 40 saranno in futuro
sostituiti da quelli basati sulla serie 60, e verranno dunque
considerati nella categoria degli smartphone.
Ebbene: qualora, come è probabile, Nokia optasse per il lancio
sul mercato di un sostituto della serie 40 con uno di serie
superiore, la ragione sarebbe la volontà di cavalcare il boom del
mercato degli smartphone? Oppure le motivazioni andrebbero più
semplicemente ascritte ad un naturale e comprensibilissimo
adeguamento tecnologico? È più probabile che quella giusta sia la
seconda ipotesi e, probabilmente, non tarderemo molto a
sperimentarla con mano.
Se Nokia scegliesse di upgradare il livello tecnologico dei propri
telefonini e quindi, come sembra ragionevole attendersi,
sperimentasse di conseguenza un boom nelle vendite di smartphone,
iPhone e Apple soffrirebbero di questa accresciuta competizione?
Indubitabilmente sì.
Tra tante variabili, vi è una sola certezza: è abbastanza diffusa
una visione molto ristretta del mercato degli smartphone e ciò
contribuisce a distorcere la comprensione di una realtà che oggi
vede Apple, in fatto di device venduti, come il player di
riferimento di un mercato che rimane però ristretto e che lotta
contro molti grandi player caratterizzati da enormi volumi di
vendita nei mercati vicini.
È dunque ragionevole attendersi che il (sub)mercato degli
smartphone sia destinato ad esplodere nei prossimi anni. Non però
a causa di una crescita della domanda motivata della funzioni
avanzate dei telefonini “intelligenti”, ma dal fatto che
saranno non pochi gli operatori che inseriranno funzioni e
sistemi operativi degli smartphone anche nei propri apparecchi di
gamma media. Tutto ciò, in buona sostanza, si rifletterà per i
produttori in un significativo aumento delle vendite di device
“smart”, ma anche in un non irrisorio abbassamento del prezzo
medio di vendita e della redditività marginale.