Il tema della neutralità della rete è diventato bollente negli Stati Uniti, dove il presidente Obama sta mettendo pressioni, per la prima volta, sull’Authority Tlc Fcc. Anche in Europa è il momento della verità, dato che il pacchetto Telecom Single Market ora è in discussione al Consiglio Ue. È diventata insomma di grande rilevanza politica una questione che fino a poco tempo fa era a cuore solo a pochi esperti visionari. Tra i primi a parlarne è stato Stefano Quintarelli, che oltre a essere uno dei padri dell’internet commerciale italiana è un parlamentare (di Scelta Civica) tra i più attenti alle questioni del digitale.
Quintarelli, la politica si sta accorgendo della neutralità della rete. Perché è così importante?
Diciamo che è un meccanismo per dettare delle condizioni che aiutino ex-ante a mitigare possibili abusi di posizione dominante a scapito degli operatori di dimensione minore, prevenendo azioni la cui eventuale sanzione Antitrust rischia di arrivare a babbo morto.
Facciamo qualche esempio.
Supponiamo che un operatore, chiamiamolo “BigNet”, faccia un servizio prioritizzato BigNetVideo, videocomunicazione di base. Servizi alternativi, anche migliori dal punto di vista tecnico, con chat e condivisione di schermi, semplicemente non avrebbero mercato perché funzionerebbero peggio sulla rete. È un freno alla concorrenza applicativa. Una startup che volesse innovare usando servizi di videocomunicazione risulterebbe penalizzata perché il servizio potrebbe risultare compromesso in modo saltuario e discontinuo dal più stabile ma poco innovativo BigNetVideo. Un freno alla innovazione. Tra l’altro, trattandosi di fenomeni per loro natura statistici, è molto complesso verificarli e comunque i dati sono soggetti ad interpretazioni. Potrebbe essere che, sfruttando questa concessione, BigNet volontariamente comprometta in modo saltuario e discontinuo i servizi di un’applicazione concorrente per favorire la propria. La cosa, una volta tollerato che il traffico venga “gestito”, sarebbe di difficilissima (se non impossibile) dimostrazione. Ma ci sono anche altri scenari di rischio, con una rete non neutrale.
Quali?
Supponiamo che BigNet e SmallNet facciano ciascuno il proprio servizio di videocomunicazione prioritizzato. Un utente di SmallNet, dato che la maggioranza degli utenti stanno da BigNet, avrà più probabilità di parlare con un utente di BigNet invece che con uno di SmallNet. Un utente sarà più portato ad abbonarsi a BigNet, anche se magari l’assistenza tecnica, la precisione di fatturazione, la stabilità della banda di SmallNet sono migliori. E ancora: supponiamo BigNet e TeleLarge (nome di fantasia per un over the top) si accordino per erogare i contenuti di quest’ultima con qualità garantita su BigNet. La scelta di quali contenuti prioritizzare la fa l’operatore, non l’utente. Se TeleLarge è molto popolare, BigNet avrà un vantaggio competitivo; i suoi utenti si abboneranno per vedere erogati in modo preferenziale i contenuti di TeleLarge, a scapito di chi non ha un rapporto analogo con TeleLarge. Se uno delle centinaia di operatori piccoli andasse da TeleLarge e chiedesse un simile accordo, TeleLarge difficilmente lo concederebbe, perché dovrebbe avviare centinaia di contratti. Si avvantaggerebbero gli operatori di rete maggiori.
Ma sarebbe penalizzata anche la concorrenza tra Over the top.
Esatto. Anche TeleSmall (Ott minore) sarebbe penalizzata, dato che gli utenti di BigNet accederebbero con un’erogazione preferenziale ai contenuti di TeleLarge, a scapito delle Tv private minori. TeleSmall potrebbe chiedere a BigNet di avere un trattamento analogo, ma BigNet avvierebbe centinaia di contratti con Tv piccole, solo per spirito di equità per non dare un vantaggio competitivo alle Tv di dimensioni maggiori? Ovviamente no, e si avvantaggerebbero così nuovamente le Tv maggiori, a scapito anche del pluralismo.
Che peso ha la proposta di riclassificazione della banda larga?
Era la posizione di Obama prima della prima campagna elettorale, poi per anni non ci ha lavorato. Adesso speriamo bene… speriamo che tenga botta. Però non bisogna dimenticare che la struttura della regolamentazione in Usa è molto diversa dalla nostra. Idem il mercato: in moltissima parte degli Usa c’è un solo operatore banda larga disponibile, quindi i rischi della non neutralità sono molto più alti che in Europa.
NET NEUTRALITY
Quintarelli: “Innovazione a rischio con una rete non neutrale”
Il deputato di Scelta Civica: “Gli accordi fra operatori possono mettere un grosso freno alla concorrenza applicativa”
Pubblicato il 01 Dic 2014
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