Pubblichiamo una serie di opinioni sul tema del consolidamento delle Tlc. In Europa la Francia ha aperto le danze con il “caso” Sfr, mentre in Italia sembra sfumare il matrimonio Wind-3. E nonostante il flop di Bip Mobile si fanno strada nuovi operatori virtuali. Il nostro Paese rappresenta un’anomalia? O è ancora presto per i merger?
Resteranno solo cinque grandi operatori europei e poi un manipolo di attori specializzati. Perché bisogna essere colossi per investire in innovazione e per sviluppare le relazioni che conteranno sempre più nell’ecosistema, con le istituzioni e gli over the top. Andrea Rangone, a capo degli Osservatori ICT del Politecnico di Milano, prevede un futuro di sicure acquisizioni. Anche per l’Italia.
L’Europa sembra scossa da una febbre di acquisizioni. Dove si sta andando?
Vedi il resto del mondo: ci sono pochi grandi colossi tlc in Cina, America, mentre da noi sono tanti e piccoli attori. Ma ora si cambia: si va verso big multinazionali anche in Europa, per raggiungere una massa critica sufficiente.
Sufficiente a cosa? A investire nelle reti?
Sì, ma non solo. Le telco dovranno certo fare investimenti nelle reti, per stare al passo. Ma anche in innovazione di business, per non trasformarsi in meri carrier, tubi stupidi, e così poter lanciare anche servizi nuovi.
E in che direzione devono investire per innovare il proprio business?
A me sembra un paradosso. Le vie sono molteplici e tutte aperte per le telco italiane ed europee. Ma perché chi conosce profondamente la rete non può farsi portatore di innovazione e continua a limitarsi a vecchie tecnologie, voce, sms, accesso a internet?
Però anche gli operatori nazionali stanno lanciando servizi sulla propria rete, contenuti e cloud…
Sì, ma non basta. Possono fare di meglio, se superano i propri limiti culturali. Telecom Italia sta lanciando servizi cloud aziendali interessanti alle aziende; avrebbe potenzialità per innovare sui servizi consumer. Temo che il lavoro dell’operatore sarà di conseguenza sempre più capital intensive. Ma non è solo una questione di soldi.
No?
No, perché soltanto i grandi saranno capaci a interagire con efficacia con altri player dell’ecosistema. Con le istituzioni, nei grandi dossier della politica digitale, a proprio vantaggio. Ma anche con gli over the top, per lanciare insieme a loro i servizi futuri della rete. Da noi invece i player nazionali, per quanto grandi, hanno scarso potere negoziale nei confronti delle multinazionali come Google. In questa partita, i player grandi sono di gran lunga avvantaggiati e quindi acquisteranno quelli piccoli.
Tutti i piccoli scompariranno, senza eccezioni?
No, le eccezioni sono player molto specializzati in alcuni segmenti, per esempio su servizi business, machine to machine o clientela di nicchia. Alla fine però resteranno cinque grandi player “generalisti” in Europa.
Facciamo una previsione sull’Italia, dove le acquisizioni sembrano ancora tutte ferme…
Un’acquisizione prima o poi dovrà avvenire, H3G o Wind per esempio. E’ solo questione di tempo.
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Deborah Bergamini