“Se Renzi vuole cambiare davvero le cose inizi da Telecom Italia”. Andrea Ranieri, ex senatore Pd e firmatario dell’ordine del giorno sulla compagnia accolto dal segretario nella scorsa direzione del partito, spiega al Corriere delle Comunicazioni perché pensare al futuro della società significa pensare al futuro del paese.
Ranieri, Renzi è in predicato di diventare il prossimo presidente del Consiglio. Cosa si augura?
Che finalmente la politica la smetta di essere neutrale rispetto alle vicende economiche e intervenga per creare le condizioni per spezzare le logiche del capitalismo di relazione che ha costretto il paese a chiudersi al mercato. La politica deve indicare le priorità strategiche e, in questo senso, la vicenda Telecom può fare da apripista.
Come?
Prima di tutto rilanciando la proposta di Mucchetti sulla riforma dell’Opa. Al di là delle tecnicalità la proposta è molto semplice: chi vuol prendersi Telecom deve comprare Telecom e non acquisire la maggioranza, con la somma irrisoria – come fatto da Telefonica – di 300 milioni di un holding di controllo come Telco, dalla quale i poteri forti del nostro Paese – le Generali, Banca Intesa, Mediobanca- hanno finora governato, con pochi soldi e con pochi rischi, un’impresa vitale per il presente e per il futuro del Paese. E da cui ora, visto il livello dell’indebitamento e la scarsa disponibilità a metter mano al portafoglio, intendono ritirarsi. Una riforma siffatta non intende sbarrare la strada ai capitali stranieri, ma è il primo concreto esempio di riforma del modo di funzionare del nostro capitalismo, un primo colpo a quel sistema di intrecci che impedisce di concentrare l’attenzione sul progetto industriale per spostarla tutta sull’ingegneria finanziaria. Con effetti devastanti sulla competitività del paese e sull’occupazione.
Lei fa riferimento al progetto industriale, ma per realizzarlo Telecom avrebbe bisogno di capitali freschi. È sicuro che si potrebbero trovare visto l’alto livello di indebitamento?
L’alto livello di redditività della società consente di trovarli. E lo dimostra l’adesione di alcuni fra i più importanti fondi di investimento internazionali. nonché di F2i di Voto Gamberale, di aderire alla proposta di ricapitalizzazione lanciata da Fossati. Che, tra l’altro, mi pare la proposta più seria e generosa fatta in questi mesi.
La proposta di Fossati la convince anche sul fronte governance?
La trasformazione di Telecom Italia in una public company è la soluzione ottimale perché garantisce forme di uguaglianza fra i diritti di proprietà e impone una divisione drastica fra proprietà e controllo. Si tratta, anche in questo caso, di un modo per spezzare le catene del capitalismo di relazione italiano. Ricapitalizzaazione e nuova governance darebbero una spinta a Telecom e, a cascata, anche sul raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale per realizzare i quali Telecom è uno degli strumenti che abbiamo a disposizione.
In questo contesto come si collocherebbe un eventuale scorporo della rete?
Scorporo della rete per me non significa proprietà pubblica della rete, ma una società di mercato aperta a tutti i soggetti, a partire da Cassa Depositi e Prestiti, in cui Telecom Italia deve essere presente. A me interessa che la rete sia aperta a tutti i soggetti, che il governo attraverso l’Agcom garantisca la neutralità della rete.