TELEMARKETING SELVAGGIO

Registro opposizioni, interviene il Governo: “Non funziona”

Per il ministero delle Imprese lo strumento non è del tutto efficace: “Ancora troppi numeri telefonici carpiti in maniera illegittima. Serve rafforzare il raccordo tra le autorità di ispezione, ossia Agcom e Garante Privacy”

Pubblicato il 11 Gen 2023

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Il governo vuole cambiare il Registro pubblico delle opposizioni (Rpo). Come evidenziato dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso, in audizione alla Camera lo strumento “non ha funzionato a pieno, dobbiamo metterci mano”.

“Il sistema funziona per quanto riguarda il mercato regolare della raccolta dei consensi e dei controlli – ha spiegato – A fianco del mercato regolare, ne esiste uno irregolare in cui le numerazioni vengono carpite in modo illegittimo in cui i chiamanti nascondono o modificano i propri numeri di telefono per non essere richiamati. Bisogna rafforzare il raccordo con le istituzioni preposte all’ispezione, mi riferisco ad Agcom e al Garante della privacy. L’attenzione del ministero è massima”.

Cos’è il Registro delle Opposizioni

Il Registro pubblico delle opposizioni esteso a tutti i numeri telefonici nazionali, fissi e cellulari, consente al cittadino di opporsi alle chiamate di telemarketing indesiderate. L’iscrizione annulla anche i consensi precedentemente rilasciati, tranne quelli che saranno autorizzati dopo l’iscrizione e quelli con i soggetti con cui si ha un contratto (per esempio i gestori delle utenze). Con il nuovo servizio l’operatore deve consultare mensilmente il Rpo e comunque prima di svolgere le campagne pubblicitarie tramite telefono. L’opposizione può riferirsi anche alla pubblicità cartacea, nel caso l’indirizzo sia presente negli elenchi telefonici pubblici.

La proposta di legge del Pd

Anche l’opposizione è a lavoro per migliorare il Rpo. Il gruppo Pd della Camera ha stilato una proposta di legge per “l’istituzione del registro delle autorizzazione alle comunicazioni commerciali e la qualità dei servizi di comunicazione alla clientela”. L’obiettivo è introdurre anche in Italia il sistema opt-in nei confronti delle chiamate commerciali, per inviare materiale pubblicitario, di vendita diretta, di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.

Adottato di recente in Olanda e Repubblica Ceca, il sistema prevede il divieto di effettuare telefonate commerciali verso numeri mobili o fissi appartenenti a soggetti che non hanno mai fornito il loro consenso a ricevere queste comunicazioni.

La proposta mira anche rafforzare l’efficacia e la qualità dei servizi di assistenza telefonica ai consumatori.

Il sistema opt-in, si legge nel testo della proposta, è “un sistema radicalmente diverso rispetto a quello esistente oggi in Italia e negli altri Paesi europei fondato, invece, sul cosiddetto opt-out, in virtù del quale un’impresa può effettuare chiamate commerciali senza dover accertare in via preventiva l’esistenza di un consenso esplicito, con il limite dell’esistenza di un’espressa opposizione iscritta dal consumatore in un apposito registro”.

In  pratica “nel sistema opt-out l’impresa è legittimata a chiamare qualunque numero telefonico di un utente, a meno che il consumatore non abbia dichiarato un’espressa opposizione al riguardo, imponendo dunque al citato consumatore l’onere di attivarsi per far iscrivere la suddetta opposizione nel registro previsto a tale scopo”.

Il sistema opt-in, al contrario, “vieta all’impresa di effettuare chiamate telefoniche salvo che precedentemente non sia stato espresso un apposito consenso da parte del consumatore, sul quale pertanto non ricade l’onere di attivarsi in tale direzione se intende evitare comunicazioni non desiderate”.

Il parere degli esperti

Sull’effettiva efficacia del Rop il dibattito è dunque aperto. In un articolo pubblicato su CorCom l’esperto di privacy Fabio Pompei aveva evidenziato come molti cittadini lamentino chiamate indesiderate sul proprio numero di cellulare nonostante l’iscrizione nell’elenco.

Secondo Pompei, il Rpo rappresenta, indubbiamente, un passo in avanti, ma la velocità del presente richiede nuove soluzioni. “Utile sarebbe una modalità diversa di gestione dei consensi – scrive – attraverso la realizzazione di un unico aggregatore (un portale) capace di stravolgere il paradigma delle informazioni, dando la possibilità ad ogni cittadino di poter conoscere in tempo reale (e direttamente sul pc o sullo smartphone) quali suoi dati sono “in giro”, da chi e come essi vengono usati.

In un sistema così immaginato, ogni responsabile del trattamento dovrà comunicare alla piattaforma – attraverso il codice fiscale del soggetto o altro campo – il consenso acquisito. Sotto quella stringa alfanumerica di 16 cifre o altri campi chiave, verrebbero così raggruppati tutti gli operatori che utilizzano le informazioni, senza margine di errore.

Accesso con Spid per verificare la propria posizione

La soluzione permetterebbe ad ogni cittadino, in tal modo, di conoscere quali informazioni personali sono state cedute a terzi e, in ogni momento, revocare la scelta a suo tempo effettuata. Attraverso un semplice accesso con Spis, ognuno potrà prendere coscienza – in un’unica pagina – di tutte le informazioni concesse negli anni (e a chi) a lui riguardanti, potendo decidere quali cancellare perché obsolete o non ritenute più da condividere con un determinato soggetto.

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