La “banda L” è comparsa a sorpresa a pagina 7 delle slide utilizzate ieri da Matteo Renzi per presentare la legge di stabilità. Il messaggio arrivato da palazzo Chigi è di voler indire entro il 2015 un’asta per assegnare le frequenze tra i 1452 e i 1492 MHz, attendendosi dall’operazione un incasso minimo di 600 milioni. La “banda L” era originariamente stata attribuita ai servizi di radiodiffusione sonora e di radiodiffusione sonora via satellite dalla Conferenza Mondiale di radiocomunicazione del 1992, e poi destinata alla fornitura del servizio di radiodiffusione sonoro numerico terrestre T-DAB. Già nel 2007 l’allora ministro alle Comunicazioni Paolo Gentiloni nel suo programma aveva avanzato la proposta di cedere questa porzione di spettro alle telco.
L’asta riguarderà gli operatori mobili già presenti in Italia e assegnatari di frequenze, perché la porzione di spettro individuata dovrà essere utilizzata dalle telco come supplemental downlink, per consentire cioè agli utenti di ricevere e scaricare dati in modo più veloce ed efficiente.
Lo strumento più utile per raggiungere il risultato potrà essere il Piano nazionale di ripartizione delle frequenze del Mise, che attribuisce la banda 1452-1492 MHz al servizio mobile, e che ormai conclusa la consultazione pubblica potrebbe vedere definitivamente la luce entro novembre.
Non è ancora chiaro come il Governo deciderà di procedere, e su questo si aprirà la discussione nelle prossime settimane: mettere all’asta i 40MHz in un lotto sarebbe infatti molto differente dall’offrire 4 lotti da 10 MHz ciascuno. La soluzione più ragionevole potrebbe essere quella di mettere all’asta due lotti da 20 MHz. In ogni caso la Conferenza Europea delle amministrazioni delle Poste e delle Telecomunicazioni ha approvato nel 2013 la decisione che suddivide la banda in 8 blocchi da 5 MHz da utilizzarsi per applicazioni Sdl (Supplemental Down Link). Mentre la Commissione Europea aveva già annunciato di voler adottare entro il 2016 un provvedimento vincolante per i Paesi membri per l’uso della banda L per sistemi mobili pubblici.
Da questa operazione il governo si attende, come dicevamo, un’entrata minima di 600 milioni di euro. Per le telco si potrebbe trattare di una soluzione di compromesso rispetto alla spesa molto più alta a cui sarebbero stati chiamati se avesse subito un’accelerazione la messa all’asta della banda 700, che a questo punto sembra definitivamente rimandata al 2022.
La decisione delinea tra l’altro nuove opportunità anche le grandi case di hardware e software, come Qualcomm e Nokia, che così vedono aprirsi nuove possibilità sul mercato italiano.