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Reti digitali, allarme capacità: senza interventi l’Europa rischia il collasso infrastrutturale



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La soluzione? Un framework Ue sull’uso responsabile delle reti: servono nuove regole, incentivi economici e governance condivisa per salvare la competitività digitale del continente. Il paper di Vodafone

Pubblicato il 16 apr 2025



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La transizione digitale dell’Europa è a un punto di svolta critico. Mentre l’adozione di intelligenza artificiale, cloud, streaming e servizi immersivi accelera, la capacità delle infrastrutture di rete di reggere l’urto di una domanda in crescita esponenziale si assottiglia sempre più. In questo scenario, Vodafone lancia un allarme chiaro: “Serve un quadro per l’uso responsabile delle reti digitali, o l’Europa rischia di perdere la corsa alla competitività globale”. L’operatore chiede alla Commissione europea un’azione immediata per correggere le distorsioni sistemiche che mettono a rischio la sostenibilità economica, tecnica e ambientale del digital backbone del continente.

Il nuovo Framework for Responsible Use of Networks (SCARICA QUI IL DOCUMENTO ORIGINALE) nasce da una constatazione: le reti tlc vengono trattate come una risorsa condivisa, ma in realtà non sono infinite. Vodafone descrive il problema come una “tragedia dei beni comuni”, sottolineando che l’iperconsumo di questa risorsa preziosa e finita sta già mettendola a rischio di degrado e impoverimento.

La spirale del traffico e il paradosso della crescita digitale

Negli ultimi dieci anni, il traffico sulla rete Vodafone nel Regno Unito è cresciuto di 25 volte, mentre in Germania si è registrato un incremento del 27% solo nell’ultimo anno. Il traffico di picco, ovvero il carico massimo giornaliero, aumenta in media del 30% annuo, con un impatto crescente sui costi di espansione della capacità. Il nodo centrale, evidenzia Vodafone, è che “i fornitori di contenuti non sopportano alcun costo per l’uso delle reti e quindi non hanno incentivo a farne un uso efficiente”. Il loro modello di business è interamente costruito su metriche di engagement e ricavi pubblicitari, e quindi incoraggia dinamiche che aggravano la pressione sulle reti. “I loro modelli di business puntano ad aumentare costantemente l’engagement degli utenti, attraverso autoplay, infinite scroll e pre-caricamento dei contenuti”.

Pur esistendo tecnologie per mitigare il traffico — come i codec video per la compressione dei file — la loro adozione è ostacolata da frammentazioni di tipo tecnico: “La loro efficacia varia e viene ostacolata da hardware, software e formati di contenuto incompatibili o proprietari”.

I vincoli normativi: un freno all’innovazione infrastrutturale

Un altro aspetto critico è il quadro regolatorio europeo, che secondo Vodafone limita drasticamente la possibilità per gli operatori di gestire in modo dinamico il traffico dati. Le regole sull’Open Internet impongono vincoli rigidi, consentendo la gestione del traffico solo in casi eccezionali. Questo, si legge nel report, impedisce “agli operatori di adottare strumenti tecnici o politiche di ‘fair use’ per evitare abusi e garantire qualità del servizio”.

Non è solo una questione di congestione, ma anche di allocazione strategica degli investimenti. “Gli operatori stanno spendendo troppo del loro capitale limitato per l’espansione della capacità, a scapito di altre opportunità come lo sviluppo delle aree rurali e la costruzione del 5G Standalone”. Attualmente, oltre un terzo del capex degli operatori viene destinato all’aumento della capacità, a fronte di un ritorno economico sempre più incerto.

Il Framework Vodafone: tre pilastri per una svolta

La proposta di Vodafone ruota attorno a tre assi d’intervento.

  • Il primo è l’adozione di un Codice di Condotta settoriale che stabilisca linee guida chiare e coerenti sull’ottimizzazione del traffico internet. “Se i servizi di contenuto fossero progettati meglio per ottimizzare la larghezza di banda e minimizzare gli sprechi, ciò ridurrebbe la pressione sulle reti a vantaggio di tutti”, afferma Vodafone.
  • Il secondo è una riforma delle regole di gestione del traffico, per consentire agli operatori di gestire le loro reti in maniera più flessibile. Ciò include l’applicazione di politiche di uso corretto e l’adozione di strumenti tecnici di gestione del traffico per prevenire la congestione e garantire un’esperienza di alta qualità.
  • Il terzo è un quadro legislativo per sostenere la negoziazione commerciale tra operatori di rete e grandi fornitori di contenuti. “È necessario introdurre un segnale di prezzo per il traffico, che incentivi i provider di contenuti a minimizzare l’impatto delle loro attività e garantisca una compensazione equa per gli operatori”. Il framework includerebbe anche un meccanismo di risoluzione delle controversie, per assicurare trasparenza e parità di condizioni tra le parti.

Una lezione dalla pandemia: cooperare per la resilienza

Vodafone ricorda che un precedente virtuoso esiste: durante la pandemia, telco, piattaforme e governi collaborarono per evitare il collasso delle reti, e alcune piattaforme come Netflix accettarono di ridurre la qualità dello streaming su invito della Commissione Ue. “Serve ora formalizzare quell’approccio cooperativo per affrontare la situazione attuale, che non è più emergenziale ma strutturale”, si legge nel documento.

La dimensione ambientale: l’efficienza non basta più

Un aspetto spesso sottovalutato è l’impatto ambientale delle reti. Le telecomunicazioni consumano molta energia e, nonostante gli sforzi enormi per migliorare l’efficienza, molti operatori faticano a mantenere stabile il proprio consumo energetico anno su anno. Vodafone denuncia che la crescita continua del traffico sta neutralizzando i progressi tecnologici ottenuti, rendendo difficile ridurre realmente il carbon footprint del settore.

Per una governance condivisa delle reti

Il rischio è che l’Europa venga travolta dalla sua stessa ambizione digitale. “L’Europa si è persa la rivoluzione digitale guidata da Internet. Il gap di produttività con gli Stati Uniti è spiegabile in larga parte dal settore tecnologico”, ha ricordato recentemente Mario Draghi. E i numeri lo confermano: l’investimento medio pro capite in infrastrutture digitali è più che doppio negli Stati Uniti rispetto all’Ue, e solo una telco europea figura tra le prime venti per capitalizzazione globale.

Il framework di Vodafone vuole dunque essere un catalizzatore di riforma. Non una proposta isolata, ma un invito a costruire una nuova alleanza tra policy maker, telco, Ott e cittadini. “Per proteggere la nostra infrastruttura dalla via della degradazione, Vodafone propone la strada della crescita attraverso la responsabilità condivisa”. Solo così sarà possibile creare un circolo virtuoso: meno traffico inutile, più investimenti in innovazione, e una rete europea all’altezza delle sfide della prossima era digitale.

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