IL CASO

Reti Tlc, Metroweb vs Telecom: monta la polemica

La Slc-Cgil: no a soldi pubblici per una rete bis. Intanto il Parlamento si divide: sull’intervento della Cdp posizioni divergenti. E si riaccende il dibattito sul “monopolio”

Pubblicato il 30 Mag 2012

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Finanziare con risorse pubbliche un singolo operatore oppure puntare su un progetto più ampio, di respiro nazionale, per la massima diffusione delle reti ultrabroadband? E’ questo il tema che ha tenuto banco oggi e che ha scatenato posizioni divergenti, al limite dello scontro, fra i vari protagonisti in campo.

L’aumento di capitale (per 200 milioni di euro) in F2i Reti Tlc (la holding controllata da F2i, a cui fa capo il 61,4% di Metroweb) annunciato due giorni fa da parte del Fondo Strategico Italiano di Cdp, per portare avanti il progetto di sviluppo della rete a banda ultralarga in 30 città italiane, sta facendo parlare di sè.

E non è bastata la nota pomeridiana del Fondo F2i a distendere gli animi. “No alla duplicazione degli investimenti e massima collaborazione e complementarietà con altre iniziative, in primis quella di Telecom Italia”, ha ribadito il Fondo in “risposta” all’intervista rilasciata al Corriere della Sera dal presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè il quale ha espresso dubbi sul valore del progetto Metroweb indicando una strada differente, quella di “un grande accordo in nome del Paese” e ribadendo che “nelle 30 città dove investirà Metroweb, Telecom c’è già”.

Il clima è teso anche e soprattutto in vista della decisione di Intesa Sanpaolo. Il secondo azionista della “newco” sulla fibra, in quota con il 12,5% in Reti Tlc (l’87,5% è in campo a F2i), dovrà infatti dare il suo ok al progetto annunciato ieri. Ma l’approvazione non è affatto scontata. Intesa Sanpaolo nel suo ruolo di azionista di Telco, la holding che detiene il controllo di Telecom Italia ha una bella gatta da pelare: dare il proprio benestare al progetto di Metroweb potrebbe voler dire in qualche modo fare uno “sgarbo” a Telecom Italia.

Sul tema sono intervenuti anche i sindacati: “Ci piacerebbe sapere dal Governo e dal ministro Passera, innanzitutto, se trova normale il fatto che la Cassa Depositi e Prestiti, organismo di diritto pubblico, decida di finanziare Metroweb, società milanese ma con ambizioni nazionali, in competizione con Telecom Italia e con l’obiettivo di creare una seconda rete di tlc nel nostro paese”, sottolinea il segretario generale della Slc-Cgil Emilio Miceli. Il sindacato si schiera a favore della realizzazione di un’unica infrastruttura-Paese per evitare sprechi di risorse e “gap” incolmabili: “In Italia c’è bisogno di una rete di telecomunicazioni, e non di due, aperta a garanzia del libero accesso e non di continuare con i soliti pasticci che ricordano più i vecchi carrozzoni del parastato che non la moderna esigenza di una politica delle risorse e dello sviluppo adeguata ai tempi”. “Ci permettiamo di aggiungere che se un euro di investimento pubblico è necessario, questo dovrebbe servire per portare la rete nelle aree in cui, continuando così le cose, temo non la vedranno mai”. E ancora: “In questo momento l’Italia ha il primato, almeno teorico, di lavorare per la realizzazione di ben due reti. Si tratta soltanto di sprechi ordinari in un Paese che sta stringendo la cinghia pesantemente? E’ una svista se di Metroweb è azionista un operatore straniero? Noi, che siamo convinti che i processi di liberalizzazione non siano il diavolo, ci domandiamo però perché mai lo stato debba intervenire direttamente nella dinamica di mercato, alterando la competizione”. L’intervento della Cdp in F2i reti Tlc attraverso il Fondo strategico italiano e le dichiarazioni del presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè che richiama l’attenzione sulla “necessità di un grande accordo”, hanno suscitato una serie di reazioni a livello politico.

E nel pomeriggio è montata la polemica politica, con schieramenti contrapposti sulla questione.

“Il Governo non ceda ad interessi privati e specifici, a qualsiasi interesse privato e specifico, e sappia rispondere ai moniti lanciati dall’incumbent, procedendo senza indugi sulla strada dell’apertura del mercato”, sottolinea Alessio Butti (Pdl), componente della commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni che si dice “stupito dal contenuto e dal tono dell’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera dal Presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè’. “Si è ribadita la consueta resistenza tipica del monopolista a qualsiasi apertura del mercato della rete fissa ed il rifiuto verso un progetto, quello di Metroweb e Cassa depositi e prestiti, aperto e moderno. Nessun attacco a Telecom, ma ritengo fondamentale rimuovere nel settore delle tlc fisse le rendite di posizione consolidate da decenni di benefici di sistema e, al contrario, sostenere i progetti in grado di garantire crescita e sviluppo al nostro Paese”.

“Altro che arroganza monopolista! In un momento di crisi come l’attuale, in cui il Paese necessita di rilanciare la crescita e lo sviluppo, la contrapposizione in un settore strategico come quello delle telecomunicazioni non può che essere nociva”, afferma Raffaele Ranucci (Pd) “Franco Bernabè evidenzia gli importanti investimenti che una società privata deve affrontare se vuole competere adeguatamente in un mercato libero e non drogato”. Per poter centrare i rilevanti obiettivi dell’agenda digitale e rispettare le direttive delle autorità nazionali e della Commissione europea, è necessario preservare gli investimenti di Telecom, come quelli degli altri operatori. A mio avviso il governo deve tener conto della necessità di: sviluppare le tecnologie; abolire il digital divide e preservare gli investimenti dei privati”.

Duro l’attacco a Franco Bernabè da parte del deputato Jonny Crosio (Lega Nord): “L’arroganza di Bernabè ha superato ogni limite”, dice il deputato della Lega, componente della Commissione Telecomunicazioni e Trasporti della Camera. “Al Presidente di Telecom Italia sfugge che la sua azienda è tuttora monopolista nel settore delle telecomunicazioni fisse, con una quota di mercato del 70%. Uno spiraglio di concorrenza come quello offerto da Metroweb e Cdp non va osteggiato, ma incoraggiato. La reazione di Bernabè mostra l’arroccamento di chi che vede minacciata la propria rendita di posizione, dopo anni di immobilismo, riduzione degli investimenti e aiuti di stato di ogni tipo goduti e da godere”. “Bernabè parla di nuovo piano per la rete in fibra, con una modalità, quella del vectoring, considerata all’estero come limitata e con impatti negativi su competizio ne e qualità del servizio. Questo stato di cose deve finire – conclude Crosio – e incalzeremo il ministro o il sottosegretario competente, sempre che ci sia un componete del Governo che si occupa di telecomunicazioni, affinché non ceda nuovamente alle sirene monopolistiche e respinga al mittente il monito del monopolista Bernabè”.

“L’attacco leghista al presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, è rozzo, infondato e pretestuoso”, dichiara Raffaele Lauro (Pdl), che evidenzia come “i piani di sviluppo delle reti di nuova generazione, portati avanti da soggetti privati, non devono essere ostacolati con finanziamenti pubblici, che rischiano di distorcere la concorrenza e di non essere coerenti con le linee guida sugli aiuti di Stato”. Questi finanziamenti pubblici, inoltre, “anziché essere destinati all’istallazione della fibra nelle principali aree metropolitane, dovrebbero interessare prioritariamente le aree ancora caratterizzate dal digital divide e, cioè dalla mancanza di collegamento broadband”.

Con l’intervista rilasciata oggi dal presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, si conferma la resistenza del monopolista a qualsiasi ipotesi di apertura del mercato nelle reti fisse; monopolista che, immobile fino ad oggi, dopo aver rifiutato qualsiasi dialogo e goduto di benefici di sistema consistenti, visto il piano aperto e moderno di Metroweb e CdP rivolge addirittura un monito al governo affinché fermi sul nascere spiragli di concorrenza”. E’ quanto dichiarano il capogruppo dei deputati di Fli, Benedetto Della Vedova e il vicecoordinatore di Fli, Daniele Toto. “Proprio la ritrosia di Telecom nel volersi confrontare in pieno con il mercato, ricercando vantaggi regolamentari per conservare la propria posizione dominante, anziché investire e lasciar investire nell’innovazione della rete, ha finora confinato la diffusione della banda larga a sterili discussioni da convegno. Solo aprendo e creando un’offerta reale di mercato anche nelle telecomunicazioni si potrà essere in grado di portare modernità e servizi adeguati e competitivi”, aggiungono. “Il governo non ceda ad interessi privati specifici, resista alle sirene monopolistic he di difesa delle rendite di posizione, proceda senza indugi sulla strada maestra dell’apertura del mercato e dell’infrastrutturazione in fibra del nostro Paese. Liberalizzare significa ragionare sempre non come portatori di un interesse specifico, anche quando tale interesse specifico sussiste, bensì ragionare sempre in termini di beneficio per i consumatori. Tutti devono sentirsi impegnati affinché l’Italia torni ad essere un posto dove sia possibile investire, fare economia e creare innovazione. Rompere il monopolio è la parola d’ordine”, concludono gli esponenti di Fli.

La questione dell’intervento pubblico nella realizzazione delle reti di nuova generazione è stata anche al centro del dibattito organizzato a Bruxelles da Etno e Total Telecom. “I governi europei devono fare squadra con gli operatori di Tlc affinché si spingano gli investimenti nelle reti Ngn – sottolinea il presidente dell’Etno Luigi Gambardella -. I governi devono eplorare le varie possibilità e intervenire laddove i privati non possono, magari anche attraverso l’accesso ai fondi strutturali Ue”.

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