La scommessa vitale dell’economia italiana, come ha ricordato
anche il presidente della Repubblica, è quella della crescita.
Puntare sulle infrastrutture è prioritario per la produttività
del sistema, attrarre investimenti, creare occupazione e
innovazione e in questo, l’Ict svolge un effetto moltiplicatore
secondo a nessun altro settore. Investire nelle reti e nelle
applicazioni serve per ridurre il divario evidente con gli altri
paesi . Autorevoli fonti internazionali (Itu) ci collocano al
28esimo posto per diffusione dell’Ict, la diffusione di Internet
è limitata al 54% della popolazione, contro il 70 -80% dei
maggiori paesi. Ed è evidente come le tecnologie digitali abbiano
ricadute trasversali verso i vari settori, dal turismo alla
sanità: diversi studi indicano come un aumento della penetrazione
di 10 punti delle reti a banda larga si rifletta in un incremento
di un punto del Pil.
Paradossalmente, questo sembra essere l’unico settore che
“dà” assai più di quanto riceva. Occorre una ‘sferzata’
in senso digitale da parte della pubblica amministrazione e, di
conseguenza, anche delle imprese: alle dichiarazioni e i codici
occorre far seguire i fatti.
Smaterializzare i processi, ridurre la carta, velocizzare le
procedure per imprese e cittadini fa parte di questo
‘tagliando’. In parallelo, è fondamentale stabilire un quadro
comune europeo – in linea con gli obiettivi dell’Agenda
Digitale 2020 – che affermi il carattere strategico del settore,
dai temi della proprietà intellettuale a quelli del sostegno
all’industria, per assicurare una competizione equilibrata, con
regole comuni, che individui non solo i consumatori ma anche
lavoratori e imprese come soggetti degni di tutela.