L’elemento abilitatore dell’innovazione va ricercato
nell’Ict. Non fosse altro perché, a parità di risorse da
investire, le poche di cui disponiamo in questo momento, saprebbe
garantire il più alto ritorno in termini economici e sociali. Del
bisogno di reti internet superveloci, e quindi di banda larga,
s’è già detto. Facciamo qui un piccolo passo avanti. Tutta la
tecnologia che già ci circonda – contenuta in prodotti d’uso
quotidiano, nei sistemi di erogazione dei servizi, nelle soluzioni
per comunicare – e la disponibilità di un’ampia potenza di
elaborazione, associata alle avanzate capacità di analisi dei
dati, aprono al Paese un enorme potenziale di trasformazione nel
suo modo di funzionare.
Basta favorirne l’integrazione a ogni livello. In gioco ci sono
sprechi e costi da abbattere ed efficienza da recuperare, sia nel
pubblico sia nel privato. Per fermare il calo, drammatico, della
produttività e imprimere vigore alla capacità competitiva del
sistema-Paese lasciata in primis agli sforzi delle imprese. Le
misure, e le loro priorità, si legano a cose realizzabili, subito.
Per esempio? I servizi ‘intelligenti’ per i trasporti,
l’assistenza sanitaria e domiciliare, la scuola e
l’accessibilità, erogati anche in una logica ‘as a service’
e ‘pay per use’ con riferimento a infrastrutture e
piattaforme.
E ancora: le soluzioni software di analisi applicate in ambito
fiscale e previdenziale – in primis contro l’evasione e le
frodi, per intenderci – nella pianificazione e gestione del
territorio, nella sicurezza di cose e persone. Tutto ciò, e molto
altro, costa poco e rende molto. È qui, a portata di mano e va
fatto adesso. Continuare a non rendersene conto sarebbe
imperdonabile.